Tra i barozzari
Gaspare, ormai, già scorge, al di là dei muri di casa, orizzonti più spaziosi ed invitanti per il suo apostolato. Ha compreso, dopo la fuga fallita, che certi propositi vanno maturati con gli anni, e cosa significhi e comporti la vocazione.
Ottiene, intanto, di far parte del Piccolo Clero e d'indossare la talare o, come si diceva allora, vestirsi da abatino. Sa che nella veste c e un impegno più solenne, una responsabilità più manifesta di progredire in virtù. La porta, perciò, con tale decoro e dignità da destare meraviglia e rispetto in tutti. Un giorno, nel rientrare da scuola, incontrò nel cortile del palazzo il principe Altieri con la consorte e il figlioletto. Il Principe, cosa da far sbalordire in quei tempi, si tolse il cappello e lo salutò rispettosamente, mentre la Principessa ordinava al figlioletto di baciare la mano al santarello, che, allibito e confuso, arrossì in viso come un peperone, cercando di schermirsi. Il Principe in fine si raccomandò alle sue preghiere. «E mio dovere, Eccellenza!» rispose Gaspare in tutta umiltà.
Gaspare già frequenta il famoso Collegio Romano e si cimenta con profitto in materie difficili, guadagnando ottimi voti e medaglie. S'è fatto la nomèa di sgobbone e non mancano compagni burloni che, di tanto in tanto, gli giocano tiri a volte anche atroci. Egli, per altro, riesce a mantenersi calmo ed imperturbabile e giunge perfino a sorridere.
Fra tutte le iniziative, cui prende parte, predilige le opere più umili e schivate dagli altri, cioè quelle che impegnano molto e non procurano gloria alcuna. Tal'è l'Opera dei Barozzari.
Essa, per la verità, non ebbe origine da altri, fu esclusiva iniziativa dovuta al suo zelo e da lui prese una fisionomia tutta particolare, nella quale si intravedeva già lo stile del futuro missionario.
Una turba di contadini, provenienti dall'Agro Romano, portava a Roma il fieno raccolto nei campi per rivenderlo a miglior prezzo. Il fieno veniva ammassato a Campo Vaccino, il famoso Foro Romano, ridotto così a deposito e a terreno da pascolo. Ai barozzari si univano lavoratori d'ogni tipo, che affluivano dalle Marche, Abruzzi e Campania, per essere chiamati a «giornata», anche per pochi baiocchi, per non morir di fame. Non si udivano che parolacce e bestemmie, grida ed invettive! Annebbiati dal vino, tra litigi e risse, ci scappava non di rado anche il morto.
«Da quanto tempo - si domandava Gaspare - quei poveretti dalle mani incallite, bruciati dal sole e dal gelo, cenciosi e sudici e con grosse cioce ai piedi, non hanno sentito parlare di Dio?» In quel Campo Gaspare scrisse la più bella pagina della sua preparazione al sacerdozio, convinto che il vero sacerdote non era un privilegiato, ma un mandato da Dio, come lo fu Cristo.
Si vide un pretino tutto lindo e gentile aggirarsi in quel groviglio di uomini e bestie, fatto segno a sberleffi, a gesti equivoci e perfino a minacce. Ne avvicinò qualcuno: una parola ed un piccolo dono servirono a rompere il ghiaccio. Quei ceffi, dagli insulti passarono alla curiosità, poi all'interesse, in fine al rispetto. Seduto su un fascio di fieno il pretino raccontava le parabole del Vangelo, parlava dell'amore di Dio, del Sangue versato da Gesù anche per loro. Toccò tasti sensibili: la loro fanciullezza, la preghiera imparata sulle ginocchia della mamma, ora forse scomparsa, e mai più recitata, la Prima Comunione. Su quei visi induriti e barbuti si vide scorrere qualche lacrima. «Gesù ha vinto!» esclamava il pretino.
Così nacque 1'Opera dei Barozzari con un programma ben preciso: Innanzi tutto, conoscere Dio, rispettarne la Legge, non offenderlo più; organizzarsi per trovare lavoro onesto e dignitoso per tutti; aiutarsi e rispettarsi a vicenda; coalizzarsi per la difesa d'un più giusto salario e far arrivare la voce anche all'Autorità, se necessario. Un vero e proprio Sindacato in anteprima per il bene dell'anima e per una vita più umana.
Manco a dirlo, quei primi successi davano fastidio a qualcuno e cominciarono le prime invidie e malignità.
Non c'è da meravigliarsi: questa è la via dei santi!
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