«Questa mattina il mio dolcissimo Gesù, quando appena si faceva vedere, in atto di mettermi il dito in bocca, quasi che voleva che alzassi la voce per parlargli, mi ha detto: “Fammi una cantilena di amore; voglio distrarmi un poco da ciò che mi fanno le creature, parlami d’amore, sollevami”. Ed io: “Fammela Tu prima, che da Te imparerò a fartela io”. E Gesù mi diceva tante cose d’amore, aggiungendo: “Vogliamo giocare?” Ed io: “Sì”, e pareva che prendesse una freccia da dentro il suo Cuore e la mandasse nel mio. Io mi sentivo morire di dolore e d’amore, mi contorcevo. E Gesù: “Io te l’ho fatto, fallo tu a Me”. Ed io: “Non so che menarti; per fartelo me ne debbo servire della tua”. E così ho preso la freccia e l’ho menata dentro il suo Cuore, e Gesù restava ferito e veniva meno, ed io lo sostenevo tra le mie braccia… Ma chi può dire tutti gli spropositi miei? Ora, quando al meglio, è scomparso, senza neppure aiutarmi a voltare. Mi sembrava che mi volesse aiutare l’Angelo; ed io: “No, voglio Gesù! Angelo mio, chiamalo, chiamalo, altrimenti qui mi sto!” E gridavo forte: “Vieni, vieni, o Gesù!” E Gesù pareva che venisse. L’ho vinto, bravo a Gesù! Così, aiutandomi a voltarmi, mi ha detto: “Tu offendi l’Angelo”. Ed io: “Non è vero; voglio tutto da Te, e poi, lui lo sa, che tra tutti io debbo voler bene a Te”. Gesù ha sorriso ed è scomparso.» (Vol. 10°, 18.10.1911)
Pablo Martín Sanguiao
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