giovedì 5 maggio 2022

CRISTO, VITA DELL'ANIMA

 


Quando si scorre il Vangelo di San Giovanni, si vede l'insistenza con la quale Cristo ripete: «La mia dottrina non è mia» (4); «il Figlio non può far niente da solo» (5), «io non posso far niente da me» (6); «io non faccio niente da solo» (7).  

   Vuol forse dire questo che Cristo non aveva né intelligenza, né volontà, né attività umane? Niente affatto, sarebbe una eresia il pensarlo. Ma essendo l'umanità di Gesù unita ipostaticamente (8) al Verbo, non c'era in Cristo la persona Umana, alla quale le sue facoltà potessero attaccarsi.  

In lui c'era una sola persona, quella del Verbo che fa tutto in unione col Padre. Tutto era nella più assoluta dipendenza della divinità. Tutta la sua attività emanava dalla sola persona che era in lui, quella del Verbo; questa attività, anche quando era immediatamente effettuata dalla natura umana, era divisa nella sua radice, nel suo principio; e perciò l'Eterno Padre ne riceveva una gloria infinita e vi trovava tanta compiacenza.  

   Possiamo imitare tutto questo? Sì poiché, per la grazia santificante, noi partecipiamo alla filiazione divina di Gesù; per mezzo suo la nostra attività è aumentata e come divinizzata nel suo principio. Naturalmente nell'ordine dell'essere, noi serbiamo sempre la nostra personalità; restiamo sempre, per natura, creature umane; la nostra unione con Dio per mezzo della grazia, per quanto stretta ed intima possa essere, resta una unione accidentale, non sostanziale; ma essa è tanto più grande quanto più l'autonomia della nostra personalità nell’ordine dell’attività si eclissa davanti alla divinità.  

   Se vogliamo che non s'interponga niente fra noi e Dio, che niente impedisca la nostra unione con lui, che le benedizioni divine affluiscano nell’anima nostra, dobbiamo non solo rinunciare al peccato e alle imperfezioni, ma anche spogliarci dalla nostra personalità in quanto costituisce un ostacolo all'unione perfetta con Dio. Essa vi mette un ostacolo allorché il nostro giudizio, la nostra volontà, il nostro amor proprio, le nostre suscettibilità ci fanno pensare ed agire in modo diverso dai desideri del nostro Padre celeste.  

Credetemi, le nostre colpe di debolezza, le nostre miserie e le nostre servitù umane impediscono infinitamente meno la nostra unione con Dio di quel che non faccia questa attitudine abituale dell’anima che vuole, per così dire, serbare in tutto la proprietà della sua attività. Noi non dobbiamo dunque annientare la nostra personalità, - ciò che non è né possibile, né voluto da Dio - ma ricondurla, se posso parlare così, ad una intera capitolazione davanti a Dio.  

   Dobbiamo deporla ai piedi di Dio e domandargli di essere per mezzo del suo spirito, come per l'umanità di Cristo, il primo movente di tutti i nostri pensieri, di tutti i nostri sentimenti, di tutte le nostre parole, di tutte le nostre azioni, di tutta la nostra vita (1).  

   Quando un'anima arriva a spogliarsi di ogni peccato, di ogni attaccamento a se stessa e alla creatura; a distruggere in sé, per quanto è possibile, tutti i movimenti puramente naturali ed umani, per darsi completamente all'azione divina; a vivere in una dipendenza assoluta da Dio, dalle sue volontà, dai suoi comandamenti, dallo spirito del Vangelo; a riferire tutto all’Eterno Padre, essa può dire (2); «Dio mi dirige: tutto in me viene da lui; io sono nelle sue mani». Quest'anima è arrivata ad una imitazione così perfetta di Cristo, che la sua vita è la riproduzione stessa di quella di Cristo (3): Dio la regge, la dirige; tutto in lei si muove sotto l'impulso divino: questo è santità, è imitazione la più perfetta di Gesù Cristo nel suo essere, nel suo stato di Figlio di Dio, nella sua disposizione primaria di appartenere completamente a suo Padre, nella sua persona e nella sua attività.  

   Non pensiamo che sia una presunzione da parte nostra di voler realizzare un'idea tanto sublime. No, è il desiderio stesso di Dio; è il suo pensiero eterno su noi (4). Più siamo simili a suo Figlio, più il Padre ci ama perché siamo uniti a lui (5). Quando vede un 'anima pienamente trasformata nel figlio suo, egli la circonda della sua speciale protezione, delle cure più attente della sua provvidenza; la colma delle  sue benedizioni, non mette limiti alla comunicazione delle sue grazie. Questo è il segreto delle larghezze di Dio.  

   Ringraziando il nostro Padre celeste di averci dato suo Figlio, Gesù Cristo, come modello, di modo che noi dobbiamo semplicemente guardarlo per sapere ciò che dobbiamo fare. Cristo ce l'ha detto: «Io vi ho dato l'esempio affinché voi operiate come avete visto fare (1). Egli ci ha lasciato il suo esempio affinché camminiamo sulle sue tracce (2). Egli è la sola via che bisogna seguire. Ego sum via (3); colui che la segue non cammina nelle tenebre, ma perviene alla luce della vita. Ecco il modello che ci rivela la fede, modello trascendente e pertanto accessibile (4).  

L'anima di Nostro Signore contemplava ogni momento l'essenza divina. Con lo stesso sguardo essa vedeva l'ideale concepito da Dio per l'umanità e ognuna delle sue azioni era l'espressione di questo ideale. Alziamo dunque gli occhi e cerchiamo di conoscere sempre più Gesù Cristo, di studiare la sua vita nel Vangelo, di seguire i suoi misteri nell’ordine ammirabile stabilito dalla Chiesa stessa nel suo ciclo liturgico, dall'Avvento alla Pentecoste, apriamo gli occhi della nostra fede e viviamo in modo da riprodurre in noi i lineamenti di questo esemplare, da confermare la nostra vita alle sue parole ed ai suoi atti. Questo modello è divino e visibile; esso ci mostra Dio agente in mezzo a noi e santificante, nella sua umanità, anche le più ordinarie nostre azioni, anche i più intimi nostri sentimenti, anche le nostre più profonde sofferenze.  

   Contempliamo questo modello, ma con fede. - Siamo talvolta tentati d'invidiare i contemporanei di Gesù, che hanno potuto vederlo, seguirlo, sentirlo. Ma la fede ce lo  rende presente, di una presenza non meno efficace per le anime nostre. Cristo stesso ce l'ha detto: «Beati coloro che credono in me senza avermi veduto» (1). Egli ci fa capire così che per noi non è meno vantaggioso lo stare in contatto con Gesù per mezzo della fede che l'averlo visto in carne. Colui che vediamo vivere ed agire quando leggiamo il Vangelo, e quando celebriamo i suoi misteri, è il vero Figlio di Dio.  

Abbiamo detto tutto, quando abbiamo detto di Cristo:  

«Voi siete il Figlio del Dio vivente» poiché questo è l'aspetto fondamentale del divino modello delle anime nostre. Contempliamolo, non in una contemplazione astratta, esteriore, teorica, fredda; ma in una contemplazione piena d'amore, attenta a cogliere, per riprodurre nella nostra esistenza, le minime linee di questo modello, e. soprattutto, quella disposizione fondamentale e primordiale di Cristo, di vivere per suo Padre. Tutta la sua vita può essere ritratta da queste parole; tutte le virtù di Cristo sono l'effetto di questa orientazione della sua anima verso il Padre, e questa orientazione stessa e il frutto di quell'unione ineffabile per la quale, in Gesù, l’umanità intera è trascinata in quello slancio divino che porta il Figlio verso suo Padre.  

   Questo costituisce propriamente il cristiano: partecipare prima di tutto, per mezzo della grazia santificante, alla filiazione divina di Cristo: è l'imitazione di Gesù nel suo stato di Figlio di Dio. Riprodurre poi, per mezzo delle nostre virtù, le linee di questo prototipo unico di perfezione: è l'imitazione di Gesù nelle sue opere. Tutto ciò indica S. Paolo quando dice che dobbiamo «formare Cristo in noi» (2) «rivestirci di Cristo» (3), «portare in noi la rassomiglianza di Cristo» (4).  

   «Il cristiano è un altro Cristo». Questa è la definizione di cristiano data, se non  in veri termini, almeno in espressione equivalente, da tutta la tradizione. «Altro Cristo» poiché il cristiano è, prima di tutto, per la grazia, del figlio Padre celeste e fratello di Cristo quaggiù, per essere suo coerede lassù. «Altro Cristo», perché tutta la sua attività, - Pensieri, desideri, azioni, - affonda la sua radice in questa grazia, per esercitarsi secondo i pensieri, i desideri, i sentimenti di Gesù ed in conformità con le azioni di Gesù (1).  

Beato Dom COLUMBA MARMION 

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