(Vol. 3°, 20 Aprile 1900)
Continua il mio adorabile Gesù a venire, a momenti appena e come ombra, e anche nel venire non dice niente. Questa mattina, dopo avermi rinnovato i dolori della croce per ben due volte, guardandomi con tenerezza mentre stavo soffrendo lo spasimo delle trafitture dei chiodi, mi ha detto: “La Croce è uno specchio dove l’anima rimira la Divinità e rimirandosi ne ritrae i lineamenti, la somiglianza più consimile a Dio. La Croce non solo si deve amare, desiderare, ma farsene un onore, una gloria della stessa Croce, e questo è operare da Dio e diventare come Dio per partecipazione, perché Io solo mi gloriai della Croce e mi feci un onore del patire, e la amai tanto, che in tutta la mia vita non volli stare un momento senza la Croce”.
Chi può dire ciò che comprendevo della Croce, da questo parlare del benedetto Gesù? Ma mi sento muta ad esprimerlo con le parole. Ah, Signore, ti prego di tenermi sempre confitta in croce, affinché avendo sempre innanzi questo specchio divino, possa tergere tutte le mie macchie e abbellirmi sempre più a tua somiglianza.
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