IL PURGATORIO: CONTESA DI AMORE TRA DIO E L'ANIMA
Come filugello che esce dal bozzolo
L'anima è tutta spirituale, ed esce dal corpo nella pienezza della vita dello spirito, come filugello che esce dal bozzolo e lo lascia abbandonato. Esce nella perenne giovinezza dell'immortalità, intelletto e volontà, che cercano il loro oggetto: l'eterna Verità e l'eterno Bene. E’ fuori del mondo, e, come razzo spinto in alto, tende a Dio solo, unico suo fine.
L'anima però non è come Dio l'ha creata nell'infonderla nel corpo, non è come Gesù l'ha redenta, ma porta con sé le proprie responsabilità e, queste nell'istante stesso del distacco dal corpo, appaiono non nella nebulosa luce della propria coscienza, ma nella splendente luce dell'eterna Verità.
La nostra coscienza è elastica, e si presta a giustificazioni che non rispondono alla realtà, perché noi, per il nostro naturale orgoglio, tentiamo sempre di giustificarci e di apparire onesti, se non santi addirittura. A Napoli dicono, con espressione scultorea, che la coscienza è comme 'a pellecchia, cumme 'a tira accussi se stennecchia, ossia, in italiano: « la coscienza è come la pelle, come la tiri così si distende ». Ma nella luce della Eterna Verità, l'anima si riconosce per quello che è, con un'evidenza che non può trovare scuse o giustificazioni.
E’ una sorpresa che è terribile se l'anima è in peccato mortale, perché il peccato la rende orrendamente sfigurata; è una sorpresa sconcertante per la confusione, se l'anima è in grazia di Dio, ma è macchiata di piccole colpe, ed è deformata dalle imperfezioni. L'anima dannata è come un peso che tende ad inabissarla, pur sentendo la naturale spinta verso Dio; l'anima in grazia è come un razzo che è spinto verso l'alto, ma che ha un razzo vettore che non la può spingere fino a Dio, perché non funziona, è inceppato, non scoppia. L'anima perciò tende non all'abisso, che è il contrapposto della gloria, ma tende a purificarsi, e riguarda come un dono il potersi purificare, sia pure con spasimi gravissimi.
L'anima nello stato di peccato è così lontana da Dio, che rimane in uno stato di morte spirituale; l'anima cade nell'abisso, come in una nuova spaventosa vita, nella quale non trova che il vermicare delle sue colpe, che tutta l'avvincono tormentandola. Perciò si genera in lei l'odio, e i sette peccati mortali la rendono infelicissima, perché la seguono come se fosse rivestita di un nuovo corpo, carico di tutte le infermità. Conserva però il naturale slancio di creatura che tenderebbe a Dio, ma questo naturale slancio non può raggiungere la meta, che per l'anima diventa tormentosa e ripugnante, e perciò non le rimane che la disperazione e il sempiterno orrore. E’ come una sostanza putrefatta, che cambia stato, non è più dolcissima crema, ma è verminoso ammasso.
L'anima in grazia ma ancora macchiata, è come colomba dalle ali spezzate, che non può volare, ma tende a Dio con l'amore, per lo stato di grazia che l'attrae a Lui, e cerca il modo di purificarsi, implorandolo dalla sua misericordia. L'anima dannata è una miserabile viatrice che è giunta al termine eterno del suo pellegrinaggio, L'anima in grazia è una viatrice che è giunta al termine della vita terrena, ma nella purificazione ottiene di essere ancora viatrice, per purificarsi in un penoso pellegrinaggio di amore. Il dannato è nell'eterno dolore; l'anima purgante è ancora nella via del pellegrinaggio, e ancora nel tempo, e aspetta il giorno beato, dove trova l'eternità nella gloria e nell'unione piena con Dio.
Per questo il Purgatorio è ancora nel tempo, e la purificazione è computata col tempo.
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