mercoledì 10 agosto 2022

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


IL NONO COMANDAMENTO: ”NON DESIDERARE LA DONNA D’ALTRI”.

Questo comandamento si collega al sesto “Non commettere atti impuri”, dove  avevo rimarcato quanto fosse grave già nella legge mosaica il peccato di adulterio.  

Nel Nuovo Testamento, Gesù è ancora più esigente 162 , perché Egli dice che non solo chi prende la moglie 163 di un altro commette adulterio, ma che è peccato anche il solo desiderio di prenderla.  

Se, infatti, è peccato prendere la moglie (o i l marito) di un’altra persona, anche il desiderio di prenderla è già un peccato poiché il voler compiere un’azione e di poco inferiore all’azione stessa.  

Anche nei testi valtortiani Gesù ci precisa che non basta non compiere un’azione, bisogna non volerla compiere, quando si sa che può portare a peccare contro la Sua Legge: «Il male non basta non farlo, bisogna anche non desiderare di farlo. Colui che maledice augurando sciagure e morti non è molto dissimile da colui che materialmente uccide, poiché ha in lui il desiderio di veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un atto trattenuto, come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso. Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché permane più a lungo dell'atto violento, più in profondità dell'atto stesso.». 164  

S. Paolo, poi, nella sua lettera ai Romani (8.6), ci ricorda che “ I desideri della carne portano alla morte”. 

Per noi che viviamo nel mondo attuale - del quale i filmati televisivi offrono uno spaccato non certo edificante dal punto di vista della morale che rovina anche i sentimenti dei nostri figli sin dalla loro prima giovinezza - potrebbe sembrare strano, abituati come siamo a vedere divorzi o convivenze, che il 'semplice fatto' di desiderare la donna d'altri sia un peccato tanto grave.  

Il fatto è che un desiderio non represso può potare facilmente alla messa in atto di quel desiderio, vale a dire all'adulterio, con conseguenze gravissime a danno del proprio coniuge o di quello della persona con la quale si compie adulterio per non dire poi dei figli innocenti. 

A questo proposito vi è un brano del Vangelo di Giovanni nel quale Gesù viene chiamato a giudicare:  

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Gv 8, 1-11: 

Gesù perdona una donna adultera 

1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2 Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3 Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4 gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».  

6 Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.  

7 Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».  

8 E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.  

9 Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.  

10 Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più». 

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Indipendentemente dal peccato d'adulterio dal quale trasluce la pietà e la misericordia di Gesù nei confronti della peccatrice umiliata (che taluni confondono erroneamente con Maria Maddalena), chissà quante persone si saranno domandate cosa mai scrivesse Gesù per terra mentre gli accusatori attendevano con ansia che Gesù si 'compromettesse': se avesse, infatti, difeso la donna dalla lapidazione lo avrebbero accusato di non rispettare la Legge mosaica e anzi di difendere le prostitute, se invece l'avesse condannata avrebbe significato che Egli non era poi così tanto buono e caritatevole come Egli - secondo loro - cercava di apparire di fronte al popolo. 

Trattandosi di un tema così strettamente attinente a questo comandamento, è interessante leggere allora qui di seguito il testo della visione di questo episodio così come essa è riportata da Maria Valtorta ne 'L'Evangelo come mi è stato rivelato'.  

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20 marzo 1944.  

1 Vedo l'interno del recinto del Tempio, ossia uno dei tanti cortili contornati da porticati. E vedo anche Gesù, il quale, molto ammantellato nel suo manto che lo fascia sopra la veste, non bianca ma rosso cupo (sembra una stoffa di lana pesante), parla a della folla che lo circonda. 

Direi che è una giornata invernale, perché vedo che tutti sono molto ammantellati, e che faccia piuttosto freddo, perché invece di star fermi tutti camminano alla svelta come per scaldarsi. Vi è del vento che smuove i mantelli e solleva la polvere dei cortili. 

Il gruppo che si stringe intorno a Gesù, l'unico che stia fermo mentre tutti gli altri, intorno a questo o a quel maestro, vanno avanti e indietro, si fende per lasciar passare un drappello di scribi e farisei gesticolanti e più che mai velenosi. Sprizzano veleno dallo sguardo, dal colore del volto, dalla bocca. Che vipere! Più che condurre, trascinano una donna sui trent'anni, scapigliata, disordinata nelle vesti come chi è stata malmenata, e piangente. La buttano ai piedi di Gesù come fosse un mucchio di cenci o una spoglia morta. E lei resta là, rannicchiata su se stessa, col volto appoggiato alle due braccia, nascosto da esse che le fanno cuscino fra il volto e il suolo. 

«Maestro, costei è stata colta in flagrante adulterio. Suo marito l'amava, nulla le faceva mancare. Ella era regina nella sua casa. E lei lo ha tradito perché è una peccatrice, una viziosa, un'ingrata, una profanatrice. Adultera è, e come tale va lapidata. Mosè l'ha detto. Nella sua legge lo comanda che queste tali siano lapidate come bestie immonde. E immonde sono. Perché tradiscono la fede e l'uomo che le ama e le cura, perché come terra mai sazia sempre sono affamate di lussuria. Peggio delle meretrici sono, perché senza morso di bisogno danno se stesse per dare cibo alla loro impudicizia. Corrotte sono. Contaminatrici sono. A morte devono esser condannate. Mosè l'ha detto. E Tu, Maestro, che ne dici?». 

2 Gesù, che aveva interrotto di parlare all'arrivo tumultuoso dei farisei e che aveva guardato la muta astiosa con sguardo penetrante e poi aveva chinato lo sguardo sulla donna avvilita, gettata ai suoi piedi, tace. Si è curvato, restando seduto, e con un dito scrive sulle pietre del portico, che la polvere sollevata dal vento copre di terriccio. Quelli parlano e Lui scrive. 

«Maestro? Parliamo a Te. Ascoltaci. Rispondici. Non hai capito? Questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Nella sua casa. Nel letto dell'uomo suo. Ella lo ha sporcato con la sua libidine». 

Gesù scrive. 

«Ma è stolto quest'uomo! Non vedete che non capisce nulla e traccia dei segni sulla polvere come un povero folle?». 

«Maestro, per il tuo buon nome, parla. La tua sapienza risponda al nostro interrogare. Ti ripetiamo: questa donna non mancava di nulla. Aveva vesti, cibo, amore. E ha tradito». 

Gesù scrive. 

«Ha mentito all'uomo che aveva fiducia in lei. Con bocca mendace l'ha salutato e col sorriso l'ha accompagnato alla porta, e poi ha aperto la porta segreta e ha ammesso il suo amante. E mentre il suo uomo era assente per lavorare per lei, essa, come una bestia immonda, s'è avvoltolata nella sua lussuria». 

«Maestro, è una profanatrice della Legge oltre che del talamo. Una ribelle, una sacrilega, una bestemmiatrice». 

Gesù scrive. Scrive e cancella lo scritto col piede calzato dal sandalo e scrive più in là, girandosi piano su Se stesso per trovare altro spazio. Sembra un bambino che giuochi. Ma quello che scrive non è parola di giuoco. Ha scritto successivamente: «Usuraio», «Falso», «Figlio irriverente», «Fornicatore», «Assassino», «Profanatore della Legge», «Ladro», «Libidinoso», «Usurpatore», «Marito e padre indegno», «Bestemmiatore», «Ribelle a Dio», «Adultero». Scritto e riscritto mentre sempre nuovi accusatori parlano. 

«Ma insomma, Maestro! Il tuo giudizio. La donna va giudicata. Non può col suo peso contaminare la terra. Il suo fiato è veleno che turba i cuori». 

3 Gesù si alza. Misericordia! Che viso! È un balenare di lampi che si avventano sugli accusatori. Sembra ancor più alto, tanto tiene la testa eretta. Sembra un re sul suo trono, tanto è severo e solenne. Il manto gli è caduto da una spalla e fa un lieve strascico dietro a Lui. Ma Egli non se ne cura. Con volto chiuso e senza la più lontana traccia di sorriso sulla bocca e negli occhi, pianta questi occhi in volto alla folla, che arretra come davanti a due lame ben pontute. Fissa uno per uno. Con una intensità  di indagine che fa paura. I fissati cercano di arretrare nella folla e di nascondersi in essa. Il cerchio così si allarga e sgretola come minato da una forza occulta. 

Infine parla. «Chi di voi è senza peccato scagli sulla donna la prima pietra».  

E la voce è un tuono accompagnato da un ancor più vivo lampeggiare di sguardi. Gesù ha conserto le braccia sul petto e sta così, ritto come un giudice, in attesa. Il suo sguardo non dà pace. Fruga, penetra, accusa. 

Prima uno, poi due, poi cinque, poi a gruppi, i presenti si allontanano a capo basso. Non solo gli scribi e i farisei, ma anche quelli che erano prima intorno a Gesù ed altri che si erano accostati per sentire il giudizio e la condanna e che, tanto quelli che questi, si erano uniti per insolentire la colpevole e chiedere la lapidazione. 

Gesù resta solo con Pietro e Giovanni. Non vedo gli altri apostoli. 

Gesù si è rimesso a scrivere, mentre la fuga degli accusatori avviene, e ora scrive: «Farisei», «Vipere», «Sepolcri di marciume», «Menzogneri», «Traditori», «Nemici di Dio», «Insultatori del suo Verbo»… 

4 Quando tutto il cortile si è svuotato e un gran silenzio si è fatto, non rimanendo che il fruscio del vento e quello di una fontanella in un angolo, Gesù alza il capo e guarda. Ora il volto si è placato. È mesto, ma non più irato. Dà un'occhiata a Pietro, che si è lievemente allontanato appoggiandosi ad una colonna, ed una a Giovanni che, quasi dietro a Gesù, lo guarda col suo sguardo innamorato. Gesù ha un'ombra di sorriso guardando Pietro e un più vivo sorriso guardando Giovanni. Due sorrisi diversi. 

Poi guarda la donna, ancora prostrata e piangente ai suoi piedi. L'osserva. Si alza, si riaggiusta il manto come fosse in procinto di mettersi in cammino. Fa un cenno ai due apostoli di avviarsi verso l'uscita. 

Quando resta solo, chiama la donna. «Donna, ascoltami. Guardami». Ripete il comando, perché essa non osa alzare il viso. «Donna, siamo soli. Guardami». 

La disgraziata alza un viso su cui pianto e polvere fanno una maschera di avvilimento. 

«Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano?».  

Gesù parla piano. Con serietà pietosa. Tiene il volto e il corpo lievemente piegati verso terra, verso quella miseria, e gli occhi sono pieni di una espressione indulgente e risanatrice. «Nessuno ti ha condannata?». 

La donna, fra un singulto e l'altro, risponde: «Nessuno, Maestro». 

«E neppure Io ti condannerò. Và. E non peccare più. Và alla tua casa. E sappi farti perdonare. Da Dio e dall'offeso. Non abusare della benignità del Signore. Và». 

E la aiuta a rialzarsi prendendola per una mano. Ma non la benedice e non le da la pace. La guarda avviarsi, a capo chino e lievemente barcollante sotto la sua vergogna, e poi, quando è scomparsa, si avvia a sua volta coi due discepoli. 


a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini  


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