LIBRO DELLA SAPIENZA
1 Dicono fra loro sragionando: «La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti.
Dio ha dato all’uomo il più grande, il più alto, il più eccelso dei doni. È un dono divino: la ragione. È il dono sublime. Attraverso di esso si perviene alla verità.
Ecco cosa insegna il Libro del Siracide sulla capacità dell’uomo di ragionare, argomentare, dedurre, pervenire alla verità delle cose.
Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. Egli assegnò loro giorni contati e un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò.
In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Ricevettero l’uso delle cinque opere del Signore, come sesta fu concessa loro in dono la ragione e come settima la parola, interprete delle sue opere.
Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male.
Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere, e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie.
Loderanno il suo santo nome per narrare la grandezza delle sue opere.
Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita, affinché riconoscessero che sono mortali coloro che ora esistono.
Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa. Disse loro: «Guardatevi da ogni ingiustizia!» e a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo.
Le loro vie sono sempre davanti a lui, non restano nascoste ai suoi occhi. Fin dalla giovinezza le loro vie vanno verso il male, e non sanno cambiare i loro cuori di pietra in cuori di carne. Nel dividere i popoli di tutta la terra su ogni popolo mise un capo, ma porzione del Signore è Israele, che, come primogenito, egli nutre istruendolo e, dispensandogli la luce del suo amore, mai abbandona.
Tutte le loro opere sono davanti a lui come il sole, e i suoi occhi scrutano sempre la loro condotta. A lui non sono nascoste le loro ingiustizie, tutti i loro peccati sono davanti al Signore. Ma il Signore è buono e conosce le sue creature, non le distrugge né le abbandona, ma le risparmia.
La beneficenza di un uomo è per lui come un sigillo e il bene fatto lo custodisce come la pupilla, concedendo conversione ai suoi figli e alle sue figlie. Alla fine si leverà e renderà loro la ricompensa, riverserà sul loro capo il contraccambio. Ma a chi si pente egli offre il ritorno, conforta quelli che hanno perduto la speranza.
Ritorna al Signore e abbandona il peccato, prega davanti a lui e riduci gli ostacoli. Volgiti all’Altissimo e allontanati dall’ingiustizia; egli infatti ti condurrà dalle tenebre alla luce della salvezza. Devi odiare fortemente ciò che lui detesta. Negl’inferi infatti chi loderà l’Altissimo, al posto dei viventi e di quanti gli rendono lode? Da un morto, che non è più, non ci può essere lode, chi è vivo e sano loda il Signore.
Quanto è grande la misericordia del Signore, il suo perdono per quanti si convertono a lui! Non vi può essere tutto negli uomini, poiché un figlio dell’uomo non è immortale. Che cosa c’è di più luminoso del sole? Anch’esso scompare. Così l’uomo, che è carne e sangue, volge la mente al male. Egli passa in rassegna l’esercito nel più alto dei cieli, ma gli uomini sono tutti terra e cenere (Sir 17,1-32).
Lo stolto è colui che ha perso questo dono così prezioso. Avendolo perso è divenuto naturalmente incapace di pervenire alla verità della vita e delle cose.
Per questo gli stolti dicono parole, ma senza alcun ragionamento, contro ogni ragionamento. Dicono parole stolte, insensate, prive di alcuna verità.
Esaminiamo ora queste parole insensate, parole prive di ogni ragionamento, parole sragionate.
La nostra vita è breve e triste. Non c’è rimedio quando l’uomo muore. Non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti.
Si comprende che questa è assoluta falsità. Lo stolto, avendo dichiarato la non esistenza di Dio, manca della fonte, della sorgente della verità.
Lui è divenuto tenebra e parla dalle tenebre che avvolgono il suo cuore. Questo sempre si verifica e si realizza. Senza la fonte della verità si è tenebra.
Oggi la nostra società vive questo momento drammatico. Avendo abolito Dio come sua verità, fa della falsità il suo principio di morte.
Non può essere se non così. È come se l’uomo decidesse che il sole per lui non deve esistere e si immerge in una spelonca di fitte tenebre.
Alla fine la sua mente penserà solo dalle tenebre. Le manca il concetto stesso di luce. Questo è successo, succede allo stolto.
La stoltezza veritativa è frutto della stoltezza o empietà morale. L’empietà morale genera l’empietà veritativa. Questa a sua volta accresce la prima.
Insieme si generano, si incrementano, si accrescono, si danno forza. Dove però vi è stoltezza veritativa sempre vi sarà stoltezza morale.
I primi cinque versetti ci rivelano la stoltezza veritativa. Da questa stoltezza si prendono le decisioni di stoltezza immorale.
La stoltezza immorale sono le decisioni di male, di trasgressione, di peccato che si prendono per dare un senso ad una vita senza senso.
MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI
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