Del supplizio dell'Inferno
Il terribile tormento del fuoco primeggia nella Scrittura, ove si tratti dell’Inferno, da essa chiamato stagno di zolfo e di fuoco, la geenna del fuoco, il fuoco eterno, la fornace ardente ove il fuoco non estinguerassi giammai. Ma questo fuoco, acceso dalla divina Giustizia, sarà di efficacia incomparabilmente superiore a quella di tutte le fornaci e di tutti gl'incendii del mondo. Ahimè, chi potrà intendere come sia possibile il sopportarlo? Eppure vi si dovrà dimorare in eterno! Chi di voi, domanda il Profeta, potrà abitare nel fuoco divorante, tra gli ardori sempiterni?
Il fatto seguente, accaduto nel 1604, venne raccontato al padre Andrada, missionario gesuita in Giappone, da quel medesimo che ne fu testimonio e parte. Era questi fra Riccardo, religioso francescano, martirizzato poi colà stesso nel 1626 col tormento del fuoco. Ed in pruova dello straordinario fatto mostrava il proprio abito, vestito appunto in conseguenza di quello. Egli dunque, giovine ancora, ebbe la disgrazia di praticare con un reo compagno, dal quale trascinato per la via del vizio, smise ogni pratica di pietà, salvo che recitava tutte le sere tre Ave. Una volta i due si erano trattenuti fino a tarda notte, in una casa di peccato, e Riccardo, non potendo menarne seco il compagno peggiore di lui, si ridusse da solo a casa, dove recitata la solita preghiera, si pose a letto. Ed era già immerso nel primo sonno, quando ripetuti colpi lo fecero destare di soprassalto; riguarda egli, e senza che l'uscio si fosse aperto, si vede innanzi un giovane, che riconosce per l'amico suo. Sì, certo, son io, disse colui con voce spaventevole, son io, morto e dannato. All'uscire da quel covo, rimasi pugnalato, e tu ne troverai disteso alla soglia il mio corpo. L'anima è nell'Inferno, e tu vi saresti meco, se non fossero state le tue preghiere alla santissima Vergine. Ahi che io sono molto più di te infelice! Mira! E così dicendo, aperte le vesti, si mostra tutto in fiamme e dispare. Riccardo allora, sciogliendosi in lacrime, balzò a terra, rese grazie a Maria, domandò perdono de' suoi peccati e promise di mutar vita. In questi pensieri ode la campana dei Padri di S. Francesco suonare a mattutino, e tosto esclama: Là Dio mi chiama ad espiare le mie colpe! E di fatto corre difilato al Guardiano del convento, supplicando dì esservi ricevuto. Ma perché, a cagione della conosciuta sua mala vita, non si voleva esaudire, egli narrò il recente fatto; e due religiosi, andati alla via segnata, trovarono realmente il cadavere dell'infelice, nuotante nel proprio sangue, tutto nero e di orribile aspetto in volto. Con ciò Riccardo fu accolto nell'Ordine, dove condusse una vita esemplare, ed andato a predicare il Vangelo nelle Indie passò al Giappone, dove incontrossi col padre Andrada, e con tanto zelo affaticò, da meritare in ricompensa la beata corona del martirio.
R. P. SCHOUPPES S.J.
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