Cervavo la Verità per far concordare la scienza con la Bibbia e “La Verità” mi venne incontro
QUINTA RIVELAZIONE: ricevuta a Chies d’Alpago nel 1972
1 Un fatto straordinario e meraviglioso mi è accaduto nella notte della festa dell’Assunta il 15 agosto del 1972 alle ore 3 del mattino. Da oltre trent’anni mi interessavo del problema dell’origine dell’uomo, preoccupato del diffondersi tra i giovani della teoria dell’evoluzione spontanea e della poligenesi dell’uomo, teorie che portano inevitabilmente alla negazione di Dio e di ogni principio morale. Nell’intento di far concordare i dati della Scienza con quelli della Genesi Biblica, avevo studiato il problema su tutti i libri relativi ad esso che avevo trovato in vendita (una cinquantina) e avevo collezionato molte riviste e molti articoli di giornali ricavandone un pacco di fogli e appunti. Ad eccezione di pochi autori, gli altri ripetevano in vario modo la teoria dell’evoluzione naturale, anche se la chiamano guidata, delle varie specie di viventi, e quindi anche dell’uomo, contro le affermazioni della Bibbia la quale dice che Dio ha creato tutte le specie di animali e di piante ‘allo stato definitivo’ stabilendo che ogni specie generasse ‘secondo la propria specie’.
Questa espressione è ripetuta nei primi capitoli della Bibbia per ben 11 volte, per far capire che solo l’Uomo non si attenne a tale ordine.
Un lungo esame di coscienza
2 Ogni momento libero dagli impegni del mio ministero e dalle faccende di casa e di Chiesa, lo occupavo nella mia ricerca, rinunciando alle passeggiate, alla radio, alla televisione e ad ogni altra distrazione. Mi coricavo a mezzanotte. Alle tre ero solito alzarmi a passeggiare in cucina, per venti, trenta minuti, onde agevolare il processo della digestione. Poi scrivevo qualche appunto, quindi dormivo fino alle sei. Nel 1972, ai primi di luglio, avevo comperato un solo libro: trattava anch’esso dell’evoluzione ed essendo opera di un altro religioso, speravo di cavarne qualche idea più consona ai miei princìpi. La vigilia dell’Assunta mi ero impegnato a terminare le ultime cento pagine. Era scritto bene, con termini scientifici appropriati e una certa logica che sembrava proprio credibile. Lo terminai a mezzanotte, deluso ed angustiato, giurando a me stesso che sarebbe stato l’ultimo. Non avevo recitato il Breviario e volli supplire con un’ora di adorazione prostrato ai piedi dei gradini dell’altare come nel giorno della mia ordinazione11 . Ero deluso e amareggiato anche perché i parrocchiani non erano venuti al triduo e neppure al Rosario di quella sera. Nessuno a confessarsi, neppure quei quindici fanciulli che avevo ammesso alla Prima Comunione il dì del Corpus Domini.
Girando per le contrade li avevo invitati personalmente, ma tutti avevano una scusa: l’indomani dovevano attendere degli ospiti o fare una gita, ecc. Pregai il Signore e la Madonna di accettare me a nome di tutti. Poi meditai sul ‘povero... me’.
Feci un lungo esame di coscienza e con molta lucidità passai in rassegna tutte le tappe della mia vocazione da quando, all’età di tre anni e mezzo, mia nonna mi mandò nella camera di mio padre moribondo per dirgli di mettersi in pace con il Signore e di chiamare il prete.
Gli dissi che anch’io da grande sarei diventato prete e sarei stato contento di sapere che era morto in pace con Dio. Poi l’infanzia e la fanciullezza senza i giochi e spassi tipici di quell’età per accudire alle faccende di casa, ma con la gioia di andare in chiesa alle funzioni e a cantare; poi la prima Comunione con una trentina di compagni ai quali avevo fatto da catechista; poi l’invito ad entrare in Seminario; quindi la Cresima con l’abbraccio del Vescovo, gli studi.
Conclusi che non avevo sbagliato strada: il Signore mi aveva segnato fin da quella tenera età.
Mi rialzai dalla mia posizione dopo un’ora. Non ero affatto stanco, ero sereno.
Ritornando in canonica, osservai il cielo tutto limpido e stellato. Era cessato il baccano del juke-box e delle grida della gioventù nel vicino esercizio pubblico.
Coricandomi esclamai:
– O tempo sì malamente speso, io ti maledico! Domani all’alba porto tutti quei libri nell’angolo dell’orto e ne faccio un falò. Chi si darebbe la pena di leggerli se vede i crocioni che ho tracciato su molte pagine e le note che ho scritto sui margini? A che mi servono tutti quegli appunti? Che cosa mi resta di tutti i miei studi? Vediamo... – E andavo riassumendo le nozioni imparate sulla Bibbia e sui libri di scienze naturali.
– Che presunzione la mia volontà di indagare sui segreti della Bibbia per far concordare i suoi dati con quelli della scienza! Miserere mei, Deus. –
***
11 Nel linguaggio ecclesiastico l’aggettivo “prostrato” significa Sdisteso a terra a braccia aperte e a faccia in giù’.
Don Guido Bortoluzzi
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