venerdì 1 ottobre 2021

Voglio servirmi delle tue sofferenze per la salvezza di molte anime

 


L'APPELLO ALLE ANIME 


Voglio servirmi delle tue sofferenze  per la salvezza di molte anime  

(Nostro Signore a Josefa - 25 gennaio 1921).  


Da cinque mesi Josefa ha indossato il santo abito e Nostro Signore ha lavorato senza posa in quell'anima. Per renderla pieghevole sotto la sua azione le ha mostrato il valore redentore delle sue lotte e delle sue sofferenze e nello stesso tempo la ripercussione della sua fedeltà sulla salvezza delle anime. Ormai ella camminerà in questa doppia luce e si spingerà più oltre negli interessi del Cuore divino. 

La domenica 19 dicembre, nella mattinata, ode la ben nota voce del Maestro:  

«- Josefa!».  

Guarda intorno e non vedendolo prosegue nella sua occupazione: ma giunta in fondo alle scale, vicino alla Cappella:  

«Mi sentii attratta - scrive - e salii al noviziato: era là! Dal suo Cuore sgorgava un torrente d'acqua».  

«- E la corrente dell'amore, Josefa, poiché il tuo martirio sarà di amore».  

Ella che altro non ambisce se non di amare e farlo amare, esclama:  

«Mio Dio! per guadagnarti anime non indietreggerò più, soffrirò quanto occorre, purché non mi lasci mai uscire dal tuo Cuore».  

«- Così tu Mi consoli - rispose con ardore - e non voglio da te altra cosa. Se tu sei povera, Io sono ricco; se tu sei debole, Io sono la forza stessa. Ciò che ti chiedo è di non rifiutarmi nulla».  

«Ascolta i palpiti di questo Cuore: sono per le anime che chiamo... Io le aspetto... le chiamerò di nuovo e finché non risponderanno le aspetterò con te. Soffriremo, ma verranno, sì, verranno presto».  

Così l'unione diviene più stretta in questa comunanza di sofferenze. Nostro Signore non lascia passare molto tempo senza ripetere i Suoi desideri e spesso viene a sorprendere Josefa in mezzo al lavoro.  

«Ero al dormitorio rifacendo i letti delle alunne e ripetendogli il mio amore - scrive il martedì 21 dicembre - quando improvvisamente è venuto a cercarmi».  

«- Vieni, ho bisogno di te».  

«- Voglio che oggi ti offra come vittima e che tutto il tuo essere soffra per guadagnarmi queste anime. Umiliati e domanda perdono. Io sono con te».  

Allora, avvolgendola nel fuoco del suo Cuore, aggiunge:  

«- Coraggio! Soffrire è il dono migliore che possa farti, poiché è la via che ho scelto per Me».  

Sembra che ella abbia compreso il valore del dono e si può misurare il progresso compiuto dal giorno in cui Nostro Signore le domandava: «Mi ami?». Adesso può dirle: «Vuoi soffrire?». Ecco ciò che le ridice l'indomani: 

«- Cerca oggi ciò che ti costa e ti mortifica e moltiplica per Me gli atti d'amore. Se le anime conoscessero questo segreto, come si trasformerebbero! Come morirebbero a se stesse e quanto consolerebbero il mio Cuore!».   

Col succedersi dei giorni e delle notti Josefa non cessa di offrirsi.   

«L'unica cosa che chiedo - scrive - è la fedeltà e il coraggio, poiché non voglio godere su questa terra».  

Gesù risponde alla sua preghiera:  

«- Io pure non ti chiedo che una cosa: amore e abbandono». E spiegandole ciò che intende con questo desiderio:  

«- Voglio che tu sia come un vaso vuoto che penserò Io a riempire. Lascia al Creatore di incaricarsi della sua creatura. In quanto all'amore, non aver limiti!».  

La sera stessa, venerdì 24 dicembre, le ricorda il perché di questo amore «senza misura» sul quale vuol contare. «Stavo in guardaroba e udii la sua voce:  

«- Josefa, mia sposa».  

«Non Lo vedevo, ma Gli dissi: Che vuoi Signore?... Egli non rispose; poco dopo in Cappella, durante l'adorazione mi chiamò ancora:  

«- Josefa, mia sposa».  

«Signore perché mi chiami sposa mentre non sono che novizia?».  

«- Non ricordi il giorno in cui Io scelsi te e tu scegliesti me? Quel giorno ebbi compassione della tua piccolezza, non volli lasciarti sola e ci siamo uniti per sempre. Perciò non avrai altro amore che quello del mio Cuore... Io ti chiederò e ti darò ciò che mi piace. Tu non resistermi mai!».  

«Alla Messa di mezzanotte - scrive il sabato 25 dicembre - ero già in mezzo alla Cappella per andare alla sacra Mensa, quando vidi venirmi incontro la Madonna. Teneva tra le braccia Gesù Bambino ricoperto di un velo bianco che tolse dopo che ebbi fatto la Comunione: Egli aveva una camicina bianca e le manine incrociate sul petto. Poi non L'ho più visto... Ritornata al mio posto la Madonna si è di nuovo avvicinata a me, ha sollevato leggermente il Bambino disteso tra le sue braccia. Egli ha aperto le braccine e ha accarezzato sua Madre. Quindi con la manina destra sembrò cercare la mia che Gli porsi: afferrò il mio dito e lo tenne stretto con la mano. Un profumo delizioso li circondava ambedue. La Madonna mi sorrideva e mi disse:  

«- Figlia mia, bacia i piedi di Colui che è il tuo Dio e sarà il tuo compagno inseparabile se tu non Lo respingi. Non temere... accostati, è tutto Amore!».  

«Gli baciai i piedini ed Egli mi guardò; poi incrociò sul petto le braccine. Allora la Madonna Lo ricoprì col suo velo. Ella mi guardò ed io Le chiesi la sua benedizione: me la diede posandomi la mano sulla fronte e disparvero.  

«Questa volta - spiega Josefa, con l'occhio esperto di sarta - la Madonna era vestita di una tunica bianca e di un manto rosa molto pallido, e il velo era anch'esso rosa, ma di una stoffa più fine. La camicina del Bambino era di un tessuto che non conosco, leggero come spuma. Attorno al piccolo capo splendeva un'aureola di luce, come pure intorno alla testa della SS. Vergine».   

La luce di Natale si estende ai giorni seguenti e Gesù dopo averla associata ai Suoi dolori redentori, la fa partecipe delle Sue gioie di Salvatore. Fin dal mattino seguente le appare, splendente di bellezza, facendole conoscere che le anime attese così a lungo erano tornate al suo Cuore.  

«- Vedi, mia sposa - le dice - le abbiamo salvate! Le tue sofferenze hanno consolato il mio Cuore!». 

Suor Josefa Menéndez 

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