MICHELA
FUGGITA DA SATANA
La scalata al potere
Dal momento in cui avevo ricevuto la consacrazione satanica mi ero resa conto che effettivamente diverse cose si erano modificate nella mia vita. Sperimentavo alcuni eventi che indubbiamente non potevano essere ricondotti ad altro se non all'intervento di una forza esterna a me, ciò che nella teologia cattolica viene definito il «preternaturale».
Innanzitutto mi resi conto che comprendevo lingue straniere che non avevo mai studiato. Per esempio i clienti mi parlavano in inglese e in francese e io ero in grado di dialogare con loro senza problemi. Non avevo difficoltà nemmeno con i diversi accenti, tanto che molti si complimentavano per la competenza che dimostravo, dato che talvolta utilizzavano modi di dire e cadenze gergali che difficilmente gli italiani erano in grado di intendere correttamente. Oggi il massimo che riesco a dire sono poche parole in inglese e quasi nessuna in francese!
Poi riuscivo a fare delle previsioni che si dimostravano vere: per esempio, andavo al lavoro e percepivo che la minestra si sarebbe bruciata. Una sera stavo sa- lutando una cliente che andava via e, subito dopo, mi voltai verso il principale e gli dissi: «Questa, come esce di qua, ha un incidente con la macchina»; e in effetti fu così. Oppure ero in grado di sapere quale lavoro facessero le persone che incontravo, senza mai averle viste in precedenza. Non parliamo poi dei preti: intuivo a distanza se avessero o no addosso l'ostia consacrata. Più in generale, ero spesso a conoscenza di cose che non ricordavo di avere mai letto o sentito da qualche parte.
Tutti questi episodi mi davano la sensazione di un potere che, a poco a poco, stavo acquisendo e che sarebbe diventato sempre maggiore. Riflettendoci oggi, mi rendo conto che in qualche modo si diventa satanisti - e poi si procede fra sempre più deliranti efferatezze -perché hai già tutto, eppure non ti basta più. È come una droga: senti il bisogno irresistibile di emozioni nuove, di dominare gli altri, di provare un piacere estremo.
Pur al livello iniziale nel quale mi trovavo, potevo già dirmi estremamente soddisfatta per quello che verificavo ogni giorno. E nel contempo avevo la percezione che sarebbe bastato fidarmi della Dottoressa e seguirne le orme per poter diventare come lei. In effetti mi ero resa conto che il Sacerdote aveva già un potere indiscusso: era l'unico a conoscere l'identità degli altri adepti che partecipavano ai riti. Al momento dell'ammissione avevo consegnato una mia fototessera, e questo significava che il mio volto gli era noto, mentre io non sapevo chi fosse.
Sono certa che, nelle tante messe nere alle quali ho partecipato, il Sacerdote non fosse sempre lo stesso: la corporatura, la voce, gli atteggiamenti erano differenti. Però non ne ho mai saputo l'identità. Penso comunque che fra capi si conoscessero, in quanto se avevo bisogno di un medico o di un avvocato venivo indirizzata a persone ben precise.
In pratica fra noi adepti, escluso il momento della cerimonia, non c'era alcun tipo di contatto consapevole. Io non ho mai saputo chi fossero le altre persone che età avessero e soprattutto quale fosse il loro volto. Potevamo anche incontrarci per strada o da qualche altra parte, ma non ci saremmo riconosciuti. Anche le automobili con cui arrivavamo sul posto non erano sempre le medesime.
Io stessa andavo alle volte con la mia macchina e altre volte con quella della Dottoressa. Poteva capitare anche che mi desse appuntamento a metà strada e poi parcheggiassimo una delle due automobili, per poi riprenderla sulla strada del ritorno a casa. Oppure la trovavo ad aspettarmi davanti al luogo del rito ed entravamo insieme. In ogni caso si cominciava sempre quando eravamo arrivati tutti: l'unica eccezione fu la celebrazione della mia consacrazione.
Nelle cerimonie talvolta c'erano più uomini che donne, altre volte era il contrario. In qualche occasione le uniche donne eravamo soltanto io e la Dottoressa. L'impressione che ne ho avuta è che comunque si trattasse di un fatto relativamente marginale. In ogni caso, tutti mantenevano il cappuccio - sufficientemente pesante per non sfilarsi, ampio e con buchi che permettevano una visione laterale molto limitata - anche durante le orge: stavi ben attento a non farlo cadere. Sotto la tunica portavamo abiti semplici e che si potevano togliere velocemente.
Dal momento in cui sono entrata come membro della setta tutti i vestiti mi venivano forniti dalla Dottoressa, che decideva su ogni cosa: per esempio mi disse di non tagliare mai i capelli, e per me era normale comportarmi secondo i suoi ordini probabilmente qualche accessorio che portavamo addosso consentiva al Sacerdote di verificare che non ci fossero infiltrati: la mia ipotesi è che si trattasse delle scarpe, perché la Dottoressa mi diceva ogni volta quale paio dovessi calzare. Quando la incontravo nella seduta del sabato, lei mi diceva come dovevo vestirmi, dalla testa ai piedi.
Un serpente sul corpo
Prima dell'iniziazione non avevo mai assistito a delle orge, mentre da quel momento in poi le messe nere si concludevano sempre in questo modo. Avevo la netta sensazione che spesso ci fossero persone diverse da un rito all'altro, perché durante i rapporti sessuali vedevo i corpi nudi e dopo un po' di volte riuscivo a rendermi conto se qualcuno l'avevo già incontrato. Per quanto riguarda il Sacerdote non posso fare ipotesi in tal senso, perché i rapporti con lui - tranne rarissimi casi - poteva averli soltanto la Dottoressa. E poi in quegli ambienti la luce non è così forte da farti vedere bene che cosa accada intorno a te.
Durante i riti accadeva abbastanza spesso di avere rapporti, sia attivi che passivi, con animali come caproni o cani, che alla fine venivano sempre sventrati. Alle volte ce n'era anche più di uno, sia femmine, ma in prevalenza maschi, tutti di colore nero. Per evitare che mordessero, avevano la museruola e venivano tenuti al guinzaglio, oppure legati per le zampe.
Nel luogo della messa nera c'era sempre anche serpente di una certa grandezza, che veniva tenuto un contenitore di vetro, oppure in un bauletto di legno. Prima di iniziare il rito, il Sacerdote gli incideva il sacchetto del veleno sotto la lingua, in modo che non ci fossero rischi nel caso dell'utilizzo: alle volte vedevo uscire dalla bocca come una pallina o un sacchettino, altre volte defluiva proprio un liquido, che veniva conservato in una boccettina trasparente. Capitava infatti che venisse posta una donna nuda sull'altare e le poggiassero sul corpo il serpente, libero di girare a piacimento.
Anche a me è stato fatto in qualche occasione e devo dire che era necessario un grande sforzo per mantenere la padronanza mentre lo sentivo strisciarmi addosso. Avevo paura, anche se ero "fatta" di cocaina. Mi aiutavo con la tecnica della respirazione e speravo che non mi accadesse nulla. Se il serpente non mordeva, voleva significare che Satana mostrava gradimento per la donna, con la quale il Sacerdote poteva dunque avere un rapporto sessuale, come segno dell'onore accordato dal demonio. Quando invece avveniva il morso, il Sacerdote perdeva la testa e cominciava a urlare e a infierire con il coltello su quel corpo.
Una volta la donna è svenuta mentre veniva ferita alle braccia e alle gambe. Alcuni adepti l'hanno portata via e non ho mai saputo che fine abbia fatto.
Ricordo una volta in cui una persona della setta non era riuscita ad adempiere all'incarico affidatole di portare le ostie consacrate che servivano per la messa nera. Quando, agli inizi del rito del sabato, avrebbe dovuto consegnare le particole, dovette confessare di non esserci riuscita. Il Sacerdote che guidava la messa nera andò su tutte le furie. Era imbestialito come mai l'avevo visto.
Ordinò che si spogliasse e che si stendesse sul marmo che faceva da altare. Non era levigato, ma piuttosto bucherellato: forse proveniva da una vecchia tomba o da qualche chiesa sconsacrata. A quel punto il Sacerdote prese il serpente e lo inserì, dalla parte della testa, nella vagina di questa persona.
Nonostante fosse imbottita di cocaina, lanciò un urlo fortissimo quando il serpente evidentemente la morse. Gli altri adepti erano come invasati. Urlavano e si agitavano intorno a lei, e probabilmente questo aveva reso più aggressivo lo stesso animale. Il danno che le fece fu ovviamente molto grave, in quanto il morso le aveva causato una terribile emorragia. In seguito la Dottoressa mi rassicurò, dicendomi che non dovevo preoccuparmi perché una ginecologa della setta si sarebbe presa cura della donna e della sua emorragia. Ma ancora oggi provo un dolore indescrivibile ogni volta che riaffiora il ricordo di quella terribile scena.
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