MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930
Ancora battaglie e ancora vittorie
Era scritto che il caso di possessione diabolica di Maria Tien non dovesse terminare neppure con la seconda liberazione avvenuta a Chumatien in seguito agli esorcismi fatti da padre Wittwer. Padre Heier, presente a quella cerimonia, e con lui i confratelli e la popolazione cattolica della missione di Chumatien e di Junan erano convinti che quella fosse la volta definitiva e che l’infelice donna, già da diversi anni provata, potesse finalmente godere un p0’ di pace.
E invece non fu così. Tornata verso la metà di settembre a Junan, dove Vivevano i suoi genitori, fu presto assalita da nuove crisi, ma questa volta in una forma tanto misteriosa che, forse, il lettore stenterà a crederla. Noi ci atteniamo fedelmente e scrupolosamente alle stesse testimonianze che abbiamo utilizzato e seguito finora, cioè alle relazioni dettagliate che ne hanno lasciato i diversi testimoni oculari dei fatti. Essi da principio, come si è già detto, erano scettici e con difficoltà si erano arresi per costatare la realtà dei fatti che avevano dovuto, per dir così, toccare con mano. Del popolo semplice di Chumatien e di Junan si poteva forse affermare la facile credulità, ma non certamente dei padri che spesso si trovarono coinvolti nella vicenda nella parte di protagonisti. La straordinarietà dei fatti investe in certo senso la loro credibilità. E in base alle ripetute affermazioni dei testimoni oculari e più accreditati che anche noi accettiamo la veridicità dei fatti narrati, anche di quelli che saranno riferiti nelle pagine che seguono, e invitiamo il lettore ad accettarli. Diciamo di più:
lo scetticismo e la diffidenza di fronte a fatti insoliti e straordinari, ma corredati da testimonianze fondate e sicure, non è più segno di prudenza, o di intelligenza, o di serietà scientifica, ma diventa un mito da mettersi sullo stesso piano della credulità.
Maria Tien era stata liberata dalla Madonna. La cosa era evidente. Bisognava quindi farla conoscere al gran pubblico. Per questo padre Wittwer aveva deciso di far tornare la graziata ajunan, città più grande di Chumatien, perché fossero confermati nella fede e infervorati nella devozione alla Madonna i cristiani della città. Cominciava così la terza e conclusiva fase della vicenda di Maria Tien.
La quale ancora il primo giorno del suo arrivo aJunan si trovò assalita dal demonio come le altre volte. Gli assalti si ripetevano tutti i giorni, anche più volte al giorno, con grande disappunto dell’interessata e dei padri missionari.
Gli spiriti cattivi che si alternavano nel corpo della donna dicevano chiaramente che quella volta erano venuti non spontaneamente e volentieri, ma — cosa degna di nota e che stupisce parecchio — costretti dalla «Vecchia», cioè dalla Beata Vergine che li costringeva anche a comportarsi come lei avrebbe stabilito: è questo il lato più misterioso e più sconcertante di questa terza fase della vicenda. La venuta del demonio era sempre improvvisa, senza nessun segno che la avvertisse o annunziasse. Maria Tien sveniva di colpo, gli occhi apparivano stralunati, cominciava a parlare, a ridere, a gridare in modo scomposto. Il demonio che parlava in lei diceva che l’anima della donna durante la crisi era separata dal corpo e presa in custodia da Maria Santissima. Accennando al quadro della Madonna diceva:
— Guardate, non vedete come la Vecchia la tiene sulle sue braccia?
Ogni tanto il demonio si lanciava verso il quadro come per strappare l’anima dell’ossessa, ma poi di colpo si tirava indietro come respinto da una forza invisibile. Diceva che l’angelo che sta sopra l’immagine — della Madonna del perpetuo soccorso — non lo lasciava avvicinare.
La partenza del demonio era avvertita da un secondo svenimento dell’ossessa. Uno sbadiglio e poi perdeva conoscenza e cadeva come morta al suolo senza respiro e senza battito del polso. Lentamente poi tornava in sé, riprendeva il respiro, apriva gli occhi, si guardava intorno senza sapere perché si trovava là circondata da quella gente, ricordando solo dov’era prima di cadere in coma. Di quello che era successo durante la crisi non ricordava nulla. Solo più tardi, da altri, venfie a sapere i fatti e ne ebbe tanta vergogna che tentò di fuggire dalla missione.
La prima volta fu impedita a tempo, ma un secondo tentativo ebbe più successo. Per qualche tempo le fu permesso di restare in famiglia e poi fu ripresa nella casa della missione.
Paolo Calliari
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