MICHELA
La mia lotta per scappare dall'Inferno
L'incontro con suor Gabriella
Le preghiere di esorcismo sono durate un paio d'anni: all'inizio costantemente tutti i giorni, dopo di che sono via via diminuite. Però la mia volontà era sempre rimessa in gioco: tutte le volte che mi dicevano che era ora di andare da padre Raffaele dovevo fare uno sforzo di volontà per muovermi. Non era per niente una passeggiata: nonostante in apparenza io perdessi i sensi e al risveglio non ricordassi nulla, le sensazioni che riportavo erano però molto sgradevoli e comunque tornavo a casa distrutta fisicamente, come se avessi scalato montagne e sollevato pesi enormi.
Certamente avevo voglia di uscire da quel mondo satanico, ma le difficoltà continuavano a susseguirsi. Quindi, da una parte c'era tutta la mia coscienza razionale e spirituale, che accettava liberamente, dall'altra c'era la parte materiale, che non ci stava a essere accantonata e cercava di resistere mostrandomi che era troppo faticosa la strada intrapresa a Nuovi Orizzonti. Intanto, dopo tre mesi di isolamento nell'appartamento protetto, il 10 maggio 1997 mi ero finalmente potuta trasferire a vivere nella Comunità Nuovi Orizzonti. Qui cominciai il vero e proprio programma terapeutico per disintossicarmi dalla droga e dall'alcol e di conoscenza di sé per la guarigione delle ferite profonde del mio cuore. Chiara intanto insisteva affinchè accettassi di farmi seguire anche da una persona esperta in ambito psichiatrico (una psicoterapeuta consacrata di sua fiducia) ma io non volevo assolutamente, perché ero rimasta troppo scottata dalle esperienze precedenti.
Durante l'estate mi trovavo in un paese del Lazio con i ragazzi della comunità che stavano mettendo in scena il nostro musical. Uno dei miei amici stava parlando con una suora e io mi avvicinai per scambiare quattro chiacchiere. Sentii una forte empatia con lei e la invitai a venirmi a trovare a Piglio. La settimana successiva venne e facemmo una lunga passeggiata, nella quale le confidai alcune cose, anche perché mi aveva detto di essere una psicologa. Ne parlai con Chiara, che già la conosceva e la stimava molto (era proprio la persona che mi aveva proposto qualche tempo prima) e concordammo che avrei provato a fare con lei il percorso psicoterapico in sintonia con quello proposto dalla Comunità. Qualche giorno dopo mi sentivo molto turbata tanto che, mentre mi trovavo nella cappella della comunità pregare, ebbi un flash relativo a dei riti sui bambini. Provai un dolore talmente grande che mi sembrava di dover impazzire. Se non ci fosse stata Chiara lì di fianco ad aiutarmi penso che sarei corsa via e avrei fatto qualche grossa stupidaggine perché mi sentivo così disperata da sentire il desiderio di ammazzarmi. Il trauma nel dover affrontare quei terribili ricordi che erano rimasti sepolti nel mio inconscio ma che di tanto in tanto riaffioravano è stato davvero terribile. Mi decisi così ad andare da suor Gabriella che mi è stata davvero vicino e mi ha sostenuto con grande amore. Lei mi fece andare nel convento della sua congregazione religiosa ma non cominciammo subito a parlare: prima mi fece mangiare consentendomi in tal modo di recuperare un po' di tranquillità.
Dopo cena mi chiese se avessi bisogno di qualcosa. Io le risposi: «Ho bisogno di aiuto, ma non so se tu mi puoi aiutare, perché non sai molto di me». Le parlai delle precedenti esperienze con l'ambito psichiatrico e di tutte le ferite che mi erano state provocate da quei medici che consideravo incapaci. Lei mi lasciò sfogare e cercò innanzitutto di creare con me un rapporto di amicizia, dandomi la sicurezza che avrebbe rispettato i miei tempi. La sera, addirittura, mi lasciò la sua camera per dormire, mentre lei si sistemò sul divano dello studio. Il giorno dopo rientrai in comunità e, un paio di volte a settimana, tornavo da lei a Roma per proseguire il nostro percorso.
Nessun commento:
Posta un commento