MICHELA
La mia lotta per scappare dall'Inferno
La comunità contemplativa
A fine estate erano intanto giunti nuovi segnali di pericolo. Non so di cosa si trattasse, ma padre Raffaele - che per il suo impegno nella lotta alle sette ha sempre avuto uno stretto rapporto con le forze dell'ordine - informò Chiara di un possibile pericolo per me. All'epoca non mi dissero nulla a tale riguardo: si limitarono a propormi di trascorrere qualche settimana in una comunità di vita contemplativa, per vivere un'esperienza più intensa di preghiera.
Entrai il 1° ottobre, festa di santa Teresa di Lisieux, e rividi Chiara soltanto dopo tre mesi: ero arrabbiata con lei, perché avevo avuto proprio la sensazione di essere stata abbandonata. In realtà, sia padre Raffaele, sia qualche altro sacerdote autorizzato dal vescovo erano venuti a pregare su di me, ma nessuno di loro mi aveva rivelato le vere ragioni di quella "segregazione". Addirittura mi era stato tolto il telefono cellulare, per evitare possibili intercettazioni, e non avevo più nemmeno l'automobile. Erano pochissimi, anche fra gli amici della comunità, a sapere dove mi trovassi.
Soltanto Chiara mi spiegò la verità e mi disse che sarebbe stata necessaria una permanenza di qualche altro mese: alla fine sarà un anno esatto! Mi fece riflettere su quello che era accaduto in alcune nottate, in coincidenza con gli orari dei riti della setta, e anch'io dovetti ammettere che ci doveva essere un rinnovato accanimento nei miei confronti. C'erano dei momenti in cui sembrava veramente che mi stessero conficcando un coltello in petto.
La madre superiora della Comunità di preghiera dove ero stata accolta fu come una mamma per me. Grazie a lei sono riuscita a resistere per un anno all'esterno di Nuovi Orizzonti, che ormai era divenuta la mia vera famiglia. Devo dire che fu un periodo duro, sia materialmente che spiritualmente. Mi venivano chiesti degli atti di umiltà concreti. Se fossero state azioni unicamente umane, un carattere orgoglioso come il mio non me l'avrebbe consentito per alcun motivo. In effetti, ogni volta che facevo un atto di umiltà c'era una ribellione dentro di me. Ma poi osservavo la diversità rispetto a quello che mi era accaduto nella setta: lì ero obbligata a obbedire in maniera cieca e assoluta, qui ero sempre libera di decidere se fare o no quel gesto. Nessuno mi costringeva con la forza, né mi avrebbe condannato o punito se mi fossi rifiutata. Mi sentivo voluta bene per qualsiasi scelta facessi, e oggi ringrazio davvero il Cielo per l'opportunità che ho avuto senza alcun merito da parte mia.
Non ho potuto far altro che riconoscere i gesti di totale gratuità che in quei mesi erano stati compiuti in mio favore da persone che non avevano alcun interesse personale, né possibili tornaconti. Anzi! Proteggendomi e aiutandomi mettevano a repentaglio la loro stessa incolumità, correvano dei rischi che avrebbero potuto tranquillamente evitare. Quando ho compreso che l'unico motivo per cui agivano così era perché erano innamorati di Gesù Cristo, non ho potuto far altro che seguire i loro passi e fidarmi.
Certo, il percorso è stato lunghissimo. Prendere consapevolezza delle proprie miserie e debolezze, vivere i tradimenti e gli abbandoni non è per nulla facile, anche con il sostegno della fede. Mi capitava spesso di dover fare i conti con l'azione del demonio, il quale cercava di instillarmi la paura che Chiara, padre Raffaele e suor Gabriella prima o poi si sarebbero stancati per tutti i problemi che avevo causato loro e mi avrebbero abbandonato al mio destino. Non aveva senso pensarlo, dopo tutto ciò che avevano fatto per me, ma proprio per questo era una tentazione diabolica. Però quella tentazione faceva sì che io mi sentissi spinta a provocarli a fare qualcosa che li spingesse ad arrabbiarsi, perché volevo vedere fino a quale punto erano davvero capaci di volermi bene gratuitamente. Allo stesso modo, mi resi conto che anche all'interno della comunità di preghiera che mi aveva accolto erano cominciati a sorgere dei moti di invidia e di gelosia, poiché la madre superiora manifestava grande attenzione verso di me e qualcuna delle religiose si sentiva probabilmente meno considerata di prima. Era proprio in atto l'opera di Satana, il divisore, colui che cerca sempre di creare confusione. Ma quella santa donna non ha mai perso la pazienza, ha continuato a pregare e ad accettare la fatica dell'essersi trovata in mezzo a una situazione che non aveva cercato né desiderato.
Così l'unica conclusione che potevo trarne ragionevolmente era: «Questi hanno dato veramente la vita per me, come Gesù duemila anni fa». Ed è stata la ragione per cui, poco alla volta, ho capito che veramente era avvenuto qualcosa di straordinario. Io continuo sempre a ripetermi che la mia storia è la descrizione di un miracolo che cammina, perché soltanto la mano misericordiosa di Dio ha potuto salvarmi. La sua potenza ha compiuto un miracolo integrale nel mio corpo e nella mia anima.
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