venerdì 7 ottobre 2022

FUGGITA DA SATANA

 


MICHELA

La mia lotta per scappare dall'Inferno


Il lento cammino della risurrezione

Con i due abbracci di Chiara, il primo del 6 e il secondo del 17 gennaio 1997, per me tutto era finito e tutto era incominciato. Quei gesti non avevano rappresentato un semplice saluto fra due persone che si erano incontrate, ma si erano trasformati nel segno della pace fra il Padre e il figlio ritrovato: io ero davvero il «figliol prodigo» che ritorna a casa dopo aver sperimentato la distruzione. In quell'attimo scoprii Dio e ritrovai l'Amore: una donna aveva ridato vita alla mia anima morta, secondo quanto mi era stato profetizzato alcuni anni prima.

Nel frattempo però nella setta doveva certamente essere scattato l'allarme, quando hanno avuto la conferma che ero fuggita e mi ero nascosta. Dapprima si saranno interrogati su come uccidermi. Poi avranno adottato delle precauzioni per evitare che ciò di cui ero a conoscenza potesse danneggiarli. In seguito mi sono resa conto che molto probabilmente io per loro rappresentavo unicamente una pedina, nel senso che - dopo aver eliminato Chiara - sarei stata arrestata dalla Polizia e sarei finita in carcere.

Col senno di poi, creda proprio che avrei in ogni caso fatto una brutta fine, sia se avessi compiuto la m' missione di morte, sia se fossi tornata a un incontro della setta senza aver realizzato l'omicidio, perché erano persone troppo furbe, che non avrebbero potuto rischiare di tenere in vita una testimone come me. Il loro ragionamento doveva essere stato questo: meglio uccidere Chiara subito, sapendo che comunque non avrebbero mai potuto avere la sua anima (poiché l'obiettivo della setta è quello di portare a dannazione quante più persone possibile), in quanto la sua attività per accogliere giovani nella devianza avrebbe fatto perdere a Satana molte più anime. E per ottenere questo scopo non c'era problema a sacrificare me.

Dopo qualche settimana dal mio arrivo a Trigona, padre Raffaele mi disse che la Dottoressa non poteva più fare del male a nessuno dunque pensai che l'avessero fatta fuori quelli della setta - sapendo che lei era l'unico collegamento a me noto - oppure che fosse finita in carcere. Ma padre Raffaele ha avuto la delicatezza di non farmi più sapere nulla di quell'ambiente. Mi ha soltanto dato la tranquillità di non dover avere più timore di loro.

Non ricordo esattamente il giorno, ma ho nella mente il flash di un viaggio che in quei primi tempi feci con padre Raffaele e alcuni suoi collaboratori. Mi sembrava di stare in un film di spionaggio, mentre viaggiavamo su un'automobile blindata verso l'abitazione nella quale avevo vissuto durante il tempo della setta. Giunti sotto casa, uno del gruppetto era sceso per fare un giro attorno all'isolato, mentre un altro era salito fino al mio piano per verificare che non si notasse nulla di anormale. Poi tutti insieme entrammo in casa e, in meno di un quarto d'ora, loro prelevarono tutto ciò che era importante: i vestiti, il computer, carte e agende.

C'erano sparsi per la casa anche molti oggetti relativi la setta: medaglie e braccialetti con simboli satanici, orecchini particolari che mettevo durante i riti con i pendagli a forma di stella a cinque punte. Una delle cose più curiose che trovarono fu un cuscino con l'imbottitura fatta di foglie ed erbe particolari, che la Dottoressa mi aveva dato da utilizzare quando non riuscivo a dormire.

Tornati a Roma, tutto venne bruciato nel cortile di una struttura religiosa. Nuovi indumenti e oggetti personali mi furono dati dopo essere stati benedetti dall'esorcista. In particolare padre Raffaele mi ha raccontato che la tunica bianca della mia consacrazione satanica - l'unico abito rituale che tenevo io, poiché la tunica e il cappuccio per le cerimonie mi venivano dati volta per volta dalla Dottoressa, che poi se li riprendeva - andò a fuoco non appena lui la cosparse con l'acqua benedetta e in un attimo si ridusse completamente in cenere!

Nel mio appartamento trovarono anche una complessa attrezzatura informatica. Uno di quelli che mi accompagnò era uno specialista della Polizia e mi disse che neanche loro avevano strumenti così sofisticati. Ripensandoci, mi sono resa conto che probabilmente rientrava in un piano della setta, nel caso fossi stata ancora in condizione di lavorare per loro: coinvolgermi nel mondo della pedofilia via Internet. Proprio in quei mesi era al centro dell' attenzione il Belgio, con le tristi vicende di alcune bambine rapite e uccise, e io ricordo che mi avevano accennato a dei contatti che avrei dovuto avere con questa nazione e con l'Olanda.

Una cosa che mi ha sconvolto, dopo qualche anno, è stato il vedere una fotografia Polaroid che padre Raffaele aveva trovato in una mia agenda, nella quale era ritratto un bambino di tre-quattro anni, seduto in una macchinina di Ufo Robot, al cui fianco si vedevano gambe di una donna, forse la mamma. Il vago ricordo che conservo è che si trattava di un bambino che nessuno della setta aveva puntato per un rapimento: e probabilmente avrei dovuto addirittura essere io quella incaricata di prelevarlo e di farlo sparire.


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