APPENDICE
Era giusto e doveroso il pensare che la Santa Madre Chiesa — nell'occasione del Concilio Ecumenico Vaticano II — rendendosi conto dell'immenso pericolo incombente ormai su la Società tutta quanta, ad opera dell'ebraismo manovrante nell'ombra, avesse, in proposito, fatta udire la Sua voce possente, così da aprire gli occhi, al numero infinito di quelli che, purtroppo, li hanno ancora socchiusi.
Ma cosa è invece avvenuto?
Modificando la prassi dalla stessa Chiesa adottata, per tanti secoli, nei confronti dei Giudei, sembra avere adesso voluto dare a costoro una sorta di patente di libera circolazione, asserendo che, dove si verifica il dolo, spetta al potere politico intervenire e non già alla Chiesa.
E' però difficile intendere come mai si possa restare indifferenti di fronte alla strage di anime che l'ebraismo, in vari modi, fomenta fra il Popolo cristiano. E non è forse chiaro che qui si tocca l'altare?
Come è possibile mantenere un sepolcrale silenzio su l'azione giudaica, allorché si consideri che essa è la causa prima delle guerre, delle rivoluzioni, della bomba atomica, nonché dell'affermarsi del comunismo, del dilagare dell'immoralità e dell'ateismo? Tacere in merito, equivarrebbe ad incoraggiare il male e ad impedire il bene.
Sembra che il Concilio abbia adesso approvata l'idea, che gli odierni Ebrei non debbano più essere ritenuti colpevoli del delitto di deicidio.
Ma a ciò si potrebbe obiettare, che, a condannare Gesù, non fu una singola persona, bensì il Gran Sinedrio, presieduto dal Sommo Sacerdote Caifa, che è quanto dire: la Sinagoga in forma ufficiale e quindi: peccato nazionale.
E poi, siamo noi bene certi che i successori di quella genia, abbiano, ai giorni nostri, cessato di esistere? Esistono, purtroppo, e — sempre ostinati nel loro accecamento — sono pieni di un «odio satanico» contro Cristo e i Cristiani. Da tale livore — è necessario rilevare — non è esente l'intero Popolo ebraico, il quale segue docilmente la linea di condotta che gli viene fissata dai propri maggiorenti.
Le persecuzioni scatenatesi ovunque e in ogni epoca contro i Giudei — si tenga per fermo — non avvennero giammai per motivi religiosi, ma esclusivamente per la loro aggressività, invadenza e prepotenza verso i Paesi, che generosamente li avevano ospitati nei loro confini. Che ciò sia bene inteso e tenuto a mente.
Dunque, ci si dice che, per la soluzione di un tale problema, debba intervenire il potere politico. Ma il potere politico — è cosa assolutamente certa — non interverrà né punto né poco, per il semplice fatto, che esso è dappertutto influenzato — sia per diretto che per indiretto — dalla strapotenza giudaica, fondata sulla finanza.
E allora, a chi spetterà dire una parola che illumini, se non alla Chiesa depositaria della verità, la quale segue il Divino Maestro, che non faceva politica ma andava contro-corrente e non aveva riguardo a persone?
Se si tace — è evidente — vi saranno buoni motivi.
Quali? Mi sia permesso formulare quattro ipotesi:
1) Che sia, per la paura del peggio?
2) Che sia, perché anche nel Luogo Santo siano riusciti ad infiltrarsi dei falsi fratelli con lo scopo di distruggere il cristianesimo?
3) Che sia, perché si vuole colpire il peccato e non il peccatore? Ma, un tale criterio, pei Giudei, sembra non sia applicabile, dal momento che, dalla stessa Sapienza Infinita, furono qualificati con parole così gravi, quali non vennero adoprate con nessun altro, e, per di più, fu comandato: «Non buttate le vostre perle davanti ai porci, che non le pestino coi loro piedi e si rivoltino a sbranarvi» (Matt. VII, 6).
L'avere, poi, voluto l'apertura del dialogo con gli Ebrei e il riconoscere in loro la buona fede, rappresenta tale sorta di errore, che errore più grande non si poteva commettere, per le conseguenze disastrose che di certo cagionerà. Stringi al seno una vipera, sentirai che morso!
4) Mentre sul globo si è acceso un immane vulcano che ormai manda fuori dal cratere lava e lapilli, tanto da minacciare l'esistenza di ognuno — intendo riferirmi all'irrompere vittorioso del comunismo, ch'è il trionfo dei Giudei — sembrerebbe logico e urgente che il Concilio Vaticano avesse accentuata la sua attenzione, più che sulla liturgia, l'ecumenismo od altro (cose per sé bellissime), sulla realtà del pericolo straordinario rappresentato dall'ebraismo, che, quale spada di Damocle, pende tremendo sull'intera umanità.
Purtroppo, i nemici della verità non cessano, ai dì nostri, di farci digerire come vero ciò che in effetti nasconde la frode; con la conseguenza che, per il moltiplicarsi dell'iniquità e per una intossicazione generale, si è raffreddata la carità in molti e ormai — dall'alto fino in basso — si brancola nel buio, si è fuori della realtà. Purtroppo, siamo al punto, che solo si presta fede alle fandonie quanto più sono grosse, mentre più non si intende, tutto quello che riveste importanza ed urgenza. In simile condizione, non si vede come possano più nascere frutti buoni da un albero divenuto guasto. Bisognerebbe prima disintossicarci da tante false credenze. Bisognerebbe che la nostra giustizia divenisse superiore a quella dei farisei.
Se saremo sopraffatti dai nemici della Croce, a che varranno tante magnifiche deliberazioni conciliari? «Primurn vivere, deinde philosophari». Oggi si può ancora parlare. Domani non più. Sarà la Chiesa del silenzio.
Dio voglia, che sorga in seno al Concilio, nella sua ultima sessione (così scrivevo nel 1965). un novello S. Atanasio, il quale abbia tanta forza da sconvolgere le idee e fare rientrare tutti a vedere, quello ch'è ora realmente più essenziale, sicché più non succeda, di perdere di vista un problema, dalla cui soluzione può dipendere, non solo il futuro della nostra Santa Chiesa, ma addirittura l'esistenza dell'umanità.
Ma ahimè! Nulla, dell'augurio testé formulato, è stato messo ad effetto. Il Cielo ce la mandi buona!
“Vermijon”
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