LIBRO DEL PROFETA DANIELE
34 Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma senza intervento di mano d’uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e d’argilla, e li frantumò.
Ora viene introdotto un altro elemento che è della storia, ma che non appartiene alla storia. Una pietra si stacca dal monte. Si stacca da sé stessa.
Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma senza intervento di mano d’uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e d’argilla, e li frantumò. È questo il vero mistero della storia.
Nella storia vi è una forza che agisce da se stessa e che non è soggetta a nessuna mano d’uomo. Nessuna volontà creata la governa.
La pietra non colpisce la statua nella sua parte nobile o forte: oro, bronzo, argento. La compisce nella parte debole: nei piedi che sono d’argilla e di ferro.
Non appena la pietra tocca i piedi tutta la statua cade e si frantuma. La debolezza dei piedi ha ridotto la statua in polvere.
È verità eterna: ogni persona possiede i suoi piedi di ferro e d’argilla, ogni organismo che l’uomo crea è fatto allo stesso modo: con i piedi fragili.
Chi può rendere i piedi di ferro, o d’oro, o di bronzo, o di argento è solo il Signore con la sua potente grazia. Solo la sua grazia vince la fragilità.
Nel momento in cui per la nostra statua giunge l’ora della prova, o noi avremo già provveduto a togliere l’argilla, oppure la frantumazione sarà immediata.
Nessuno pensi di reggere se i suoi piedi sono d’argilla e di ferro. Urge togliere l’argilla, perché siano interamente di ferro e acquistino stabilità duratura.
Questo vale anche per la via spirituale. Vi sono nel cuore, nello spirito, nell’anima delle affezioni, dei legami, delle fragilità che rovinano la vita.
Sappiamo che Sansone fu accecato e perse tutta la sua fragilità per il suo cuore che era d’argilla. La sua fragilità verso le donne lo ha frantumano.
Sansone andò a Gaza, vide una prostituta e andò da lei. Fu riferito a quelli di Gaza: «È venuto Sansone». Essi lo circondarono, stettero in agguato tutta la notte presso la porta della città e tutta quella notte rimasero quieti, dicendo: «Attendiamo lo spuntar del giorno e allora lo uccideremo». Sansone riposò fino a mezzanotte; a mezzanotte si alzò, afferrò i battenti della porta della città e i due stipiti, li divelse insieme con la sbarra, se li mise sulle spalle e li portò in cima al monte che è di fronte a Ebron.
In seguito si innamorò di una donna della valle di Sorek, che si chiamava Dalila. Allora i prìncipi dei Filistei andarono da lei e le dissero: «Seducilo e vedi da dove proviene la sua forza così grande e come potremmo prevalere su di lui per legarlo e domarlo; ti daremo ciascuno millecento sicli d’argento». Dalila dunque disse a Sansone: «Spiegami da dove proviene la tua forza così grande e in che modo ti si potrebbe legare per domarti». Sansone le rispose: «Se mi si legasse con sette corde d’arco fresche, non ancora secche, io diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Allora i capi dei Filistei le portarono sette corde d’arco fresche, non ancora secche, con le quali lo legò. L’agguato era teso in una camera interna. Ella gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». Ma egli spezzò le corde come si spezza un filo di stoppa quando sente il fuoco. Così il segreto della sua forza non fu conosciuto. Poi Dalila disse a Sansone: «Ecco, ti sei burlato di me e mi hai detto menzogne; ora spiegami come ti si potrebbe legare». Le rispose: «Se mi si legasse con funi nuove non ancora adoperate, io diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Dalila prese dunque funi nuove, lo legò e gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». L’agguato era teso nella camera interna. Egli ruppe come un filo le funi che aveva alle braccia. Poi Dalila disse a Sansone: «Ancora ti sei burlato di me e mi hai detto menzogne; spiegami come ti si potrebbe legare». Le rispose: «Se tu tessessi le sette trecce della mia testa nell’ordito e le fissassi con il pettine del telaio, io diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Ella dunque lo fece addormentare, tessé le sette trecce della sua testa nell’ordito e le fissò con il pettine, poi gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». Ma egli si svegliò dal sonno e strappò il pettine del telaio e l’ordito. Allora ella gli disse: «Come puoi dirmi: “Ti amo”, mentre il tuo cuore non è con me? Già tre volte ti sei burlato di me e non mi hai spiegato da dove proviene la tua forza così grande». Ora, poiché lei lo importunava ogni giorno con le sue parole e lo tormentava, egli ne fu annoiato da morire e le aprì tutto il cuore e le disse: «Non è mai passato rasoio sulla mia testa, perché sono un nazireo di Dio dal seno di mia madre; se fossi rasato, la mia forza si ritirerebbe da me, diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Allora Dalila vide che egli le aveva aperto tutto il suo cuore, mandò a chiamare i prìncipi dei Filistei e fece dir loro: «Venite, questa volta, perché egli mi ha aperto tutto il suo cuore». Allora i prìncipi dei Filistei vennero da lei e portarono con sé il denaro. Ella lo addormentò sulle sue ginocchia, chiamò un uomo e gli fece radere le sette trecce del capo; cominciò così a indebolirlo e la sua forza si ritirò da lui. Allora lei gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». Egli, svegliatosi dal sonno, pensò: «Ne uscirò come ogni altra volta e mi svincolerò». Ma non sapeva che il Signore si era ritirato da lui. I Filistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con una doppia catena di bronzo. Egli dovette girare la macina nella prigione.
Intanto la capigliatura che gli avevano rasata cominciava a ricrescergli. Ora i prìncipi dei Filistei si radunarono per offrire un gran sacrificio a Dagon, loro dio, e per far festa. Dicevano: «Il nostro dio ci ha messo nelle mani Sansone nostro nemico».
Quando la gente lo vide, cominciarono a lodare il loro dio e a dire: «Il nostro dio ci ha messo nelle mani il nostro nemico, che devastava la nostra terra e moltiplicava i nostri caduti».
Nella gioia del loro cuore dissero: «Chiamate Sansone perché ci faccia divertire!». Fecero quindi uscire Sansone dalla prigione ed egli si mise a far giochi alla loro presenza. Poi lo fecero stare fra le colonne. Sansone disse al servo che lo teneva per la mano: «Lasciami toccare le colonne sulle quali posa il tempio, perché possa appoggiarmi ad esse». Ora il tempio era pieno di uomini e di donne; vi erano tutti i prìncipi dei Filistei e sul terrazzo circa tremila persone fra uomini e donne, che stavano a guardare, mentre Sansone faceva i giochi. Allora Sansone invocò il Signore dicendo: «Signore Dio, ricòrdati di me! Dammi forza ancora per questa volta soltanto, o Dio, e in un colpo solo mi vendicherò dei Filistei per i miei due occhi!». Sansone palpò le due colonne di mezzo, sulle quali posava il tempio; si appoggiò ad esse, all’una con la destra e all’altra con la sinistra. Sansone disse: «Che io muoia insieme con i Filistei!». Si curvò con tutta la forza e il tempio rovinò addosso ai prìncipi e a tutta la gente che vi era dentro.
Furono più i morti che egli causò con la sua morte di quanti aveva uccisi in vita. Poi i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre scesero e lo portarono via; risalirono e lo seppellirono fra Sorea ed Estaòl, nel sepolcro di Manòach suo padre. Egli era stato giudice d’Israele per venti anni (Gdc 16,1-31).
MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI
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