Luogo del Purgatorio. - Il diacono Pascasio ed il vescovo di Capua. - Il B. Stefano francescano ed il religioso nel suo stallo. - Teofilo Raynaud e l'inferma di Dole.
Secondo S. Tomaso ed altri dottori, la divina giustizia assegna un luogo speciale sulla terra per la purificazione di certe anime. Questo sentimento si trova confermato da parecchi fatti; fra i quali in primo luogo uno ne citeremo che riferisce san Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (4).
«Quando io ero giovane ed ancora laico, scrive il santo Papa, udii narrare dai vecchi che erano ben informati, come il diacono Pascasio apparve a Germano, vescovo di Capua. Pascasio diacono di quella sede apostolica, e del quale ancora possediamo gli eccellenti libri sopra lo Spirito Santo, era uomo d'eminente santità, dedito alle opere di carità, tutto zelo pel sollievo dei poveri e affatto dimentico di se stesso. Essendo sorta una contestazione riguardo ad una elezione pontificale, Pascasio si separò dai vescovi ed abbracciò il partito di colui che l'episcopato non aveva approvato. Ora, ben presto egli morì, con una riputazione di santità da Dio confermata con un miracolo: una luminosa guarigione avvenne il giorno dei suoi funerali al semplice contatto della sua dalmatica.
«Molto tempo dopo, Germano, vescovo di Capua, fu dai medici inviato ai bagni di Sant'Angelo negli Abruzzi. Quale non fu il suo stupore nel trovare colà lo stesso diacono Pascasio, in uno stato di espiazione! - e: Io qui, disse l'apparizione, espio il torto che ebbi di schierarmi nel cattivo partito. Ve ne supplico, pregate per me il Signore; saprete che foste esaudito dal punto che più non mi vedrete in questi luoghi».
Germano cominciò a pregare pel defunto, e al termine di alcuni giorni, essendo ritornato, inutilmente cercò Pascasio, che era scomparso.
«Non ebbe, conclude S. Gregorio, che a sostenere un temporaneo castigo dopo questa vita, avendo peccato per ignoranza e non per malizia».
Sembra che la divina giustizia condanni talvolta le anime a far la loro penitenza nel luogo stesso in cui commisero i falli. Si legge nelle cronache dei Fratelli Minori (5) che il B. Stefano, religioso di quell'istituto, aveva una singolare divozione pel santo Sacramento, passando una parte delle sue notti in adorarlo. In una di queste circostanze, essendo solo nella cappella in mezzo alle tenebre, rotte appena dal chiarore d'una piccola lampada, tutto ad un tratto scorge in uno stallo un religioso, profondamente raccolto e colla testa sepolta nel suo cappuccio. Stefano gli si avvicina e domanda se ha il permesso di lasciare a quell' ora la sua cella. - «Io sono un religioso defunto, risponde. Qui devo fare il mio purgatorio dopo la sentenza della giustizia di Dio, perché qui ho peccato per tiepidezza e negligenza nel divino uffizio. Il Signore mi permette di farvi conoscere il mio stato, onde mi aiutiate colle vostre preghiere».
Commosso da queste parole, il B. Stefano subito si mise in ginocchio per recitare il De profundis ed altre preghiere; ed osservò che mentre pregava il volto del defunto si apriva alla gioia. - Parecchie volte ancora, nelle seguenti notti, la visione avvenne allo stesso modo, mostrandosi il religioso ogni volta più contento, a misura che s'avvicinava alla sua liberazione. Finalmente dopo un'ultima preghiera del B. Stefano, si alzò dal suo stallo e scomparve in mezzo a luminosa gloria.
«Il fatto seguente ha qualche cosa di sì meraviglioso, che esiteremmo, dice il canonico Postel, a riprodurlo, se non fosse stato inserito in molte opere, secondo il Padre Teofilo Raynaud, distinto teologo e controversista del secolo XVII che lo riferisce (6) come un fatto avvenuto ai suoi tempi e quasi sotto i suoi occhi. L'abate Louvet aggiunge che il vicario generale dell'arcivescovo di Besançon, dopo averne esaminato tutti i particolari, ne aveva riconosciuta la verità. - Nell'anno 1629, a Dòle, nella Franca Contea, Uga Roy, donna di mediocre condizione, era obbligata al letto per una pneumonia che faceva temere per la sua vita. Il medico, avendo creduto doverla salassare, ebbe l'inettezza di tagliarle l'arteria del braccio sinistro, il che la ridusse propriamente agli estremi.
L'indomani sul far del giorno, vide entrare nella sua stanza una giovane tutta vestita di bianco, con un contegno di bella modestia, che le chiede se è contenta di ricevere i suoi servizi e d'essere curata da lei. L'inferma, felice per questa offerta, risponde che niente le tornerà più gradito, e tosto la forestiera accende il fuoco, s'accosta ad Uga, dolcemente la ripone nel suo letto; poscia comincia a vegliarla e servirla come farebbe la più affezionata infermiera. Cosa meravigliosa! Il contatto delle mani di quella sconosciuta fu tanto benefico, che la moribonda se ne trovò grandemente sollevata e ben tosto si sentì interamente guarita. Allora essa volle assolutamente sapere chi fosse l'amabile sconosciuta, e la chiamò per interrogarla; ma questa si allontanò dicendo che ritornerebbe alla sera. Intanto lo sbalordimento, la curiosità furono estremi, quando si seppe di quella subitanea guarigione, e nella città di Dòle non si parlava che del misterioso avvenimento.
Quando la sconosciuta ritornò alla sera, disse ad Uga Roy, senza più cercare di nascondersi: «Sappiate, mia cara nipote, che io sono la vostra zia Leonarda Collin, morta da diciassette anni, lasciandovi erede della poca mia sostanza. Grazie alla divina bontà, io sono salva, e di tanta felicità sono debitrice alla Santa Vergine Maria, per la quale ebbi una grande divozione. Senza di lei io sarei perduta. Quando subitamente mi colpì la morte, era in peccato mortale, ma la Vergine misericordiosa in quel momento mi ottenne una perfetta contrizione, e così mi scampò dall'eterna dannazione. D'allora in poi io sono nel Purgatorio, ed il Signore mi permette di venire a compiere la mia espiazione servendovi per quaranta giorni. Terminato questo tempo, sarò liberata dalle mie pene se da parte vostra avrete la Carità di fare per me tre pellegrinaggi a tre santuari della Santa Vergine».
Uga, sbalordita, non sapendo che pensare di questo linguaggio, non potendo credere alla realtà di quella apparizione e temendo qualche insidia dello spirito maligno, consultò il suo confessore, il P. Antonio Rolland, gesuita, che la consigliò a minacciare alla sconosciuta gli esorcismi della Chiesa. Questa minaccia non la inquietò: tranquillamente disse che non temeva gli esorcismi della Chiesa. «Essi hanno forza, aggiunse, contro i demoni ed i dannati, ma nessuna contro le anime predestinate ed in grazia di Dio, come sono io». - Uga non era convinta. «Come mai, chiese alla giovane, potete essere la mia zia Leonarda? Questa era vecchia, debole, spiacevole e bisbetica, mentre voi siete giovane, dolce ed amabile. - Ah! mia nipote, rispose l'apparsa, il vero mio corpo si trova nella tomba, ove rimarrà fino alla risurrezione; quello che voi vedete è un altro corpo, miracolosamente formato dall'aria, per darmi modo di parlarvi, di servirvi e d'avere i vostri suffragi. Quanto al mio carattere difficile, collerico, diciassette anni di terribili sofferenze ben m'insegnarono la pazienza e la dolcezza. D'altronde, sappiate che in Purgatorio si è confermati in grazia, segnati col sigillo degli eletti, e perciò stesso esenti da ogni vizio».
Dopo tali spiegazioni, non era più possibile la incredulità. Uga, meravigliata al tempo stesso e riconoscente, con tutta contentezza ricevette i servizi che le erano resi durante i segnati quaranta giorni. Dessa sola poteva vedere ed udire la defunta, che veniva a certe ore e tosto scompariva. Appena le sue forze lo permisero, con tutta la divozione compì i pellegrinaggi che erano stati richiesti.
Al termine dei quaranta giorni, cessarono le apparizioni. Leonarda si mostrò un'ultima volta per annunziare la sua liberazione; allora trovavasi in uno stato d'incomparabile gloria, scintillante come un astro, e portava sul viso l’espressione della più perfetta beatitudine. Alla sua volta testificò alla nipote la propria riconoscenza, le promise di pregare per lei, per tutta la sua famiglia, e la impegnò a ricordarsi sempre, in mezzo alle pene della vita, del fine supremo di nostra esistenza, che è la salute dell'anima.
Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G.
Nessun commento:
Posta un commento