lunedì 29 gennaio 2024

Il Dogma dell'Inferno.

 


L'antichità ci ha conservato il nome di tre tiranni, famigerati per la loro crudeltà, Massenzio, Ezzelino, Falaride. Il primo si dice che legava faccia a faccia, e corpo a corpo le sue vittime a cadaveri, e così le abbandonava fino a che la fetente putredine del morto avesse ucciso il vivo. Il secondo avea prigioni sì orribili, che i condannati chiedeano la grazia di essere scannati per non entrarvi; ma non l'ottenevano, e con funi erano giù calati in sotterranei infetti ad immergersi nella putredine. Il terzo chiudeva i miseri entro un toro di bronzo, che facea poi lentamente arroventare per arrostirli vivi. Supplizii orribili; ma non sono che un'ombra di quelli dell'Inferno, se pure! 

    I Romani punivano i parricidi con un particolare tormento; precipitavano giù nel mare il reo, cucito entro un sacco in compagnia di serpenti: debolissima imagine del supplizio rìservato nell'Infermo a rei di parricidio contro Dio! 

    Si freme leggendo nella storia il supplizio atroce dell'uccisore di Guglielmo d'Orange. Ebbe la persona tutta pesta da ferree verghe, trafitta da punte acute, esposta così agli ardori di un lento fuoco, e mentre dopo indicibili spasimi era sullo spirare, Venne con rovente metallo abbrustolato alle mani, e squartato. Questo infelice avea commesso un delitto enorme, ma contro un principe mortale; quale vorrà esser però il castigo di chi si volse contro l'immortale Re dei re? 

    Secondo alcuni storici, Zenone imperatore, empio del pari che dissoluto, perì di una tragica morte; Nella notte del 9 aprile 91, dopo un'orgia, cadde in sincope si violenta, che si credette estinto, e fu quindi al più presto sepolto nella tomba imperiale. Ivi tornato in sè, chiama indarno i servi e le guardie; nessuno risponde alle sue grida, ed egli si trova nelle tenebre, chiuso tra i morti; con d'intorno da ogni parte fredde muraglie e ferree porte: allora non serba più ritegno; abbandonasi ad ogni trasporto di rabbia e di disperazione, fino a spaccarsi contro la parete il cranio. Così fu trovato il miserabile suo cadavere. Quale orribile condizione di codesto principe sepolto vivo! E la condizione dei riprovati giù nell'Inferno? 

    L'Inferno è la fogna del mondo ed il ricettacolo di tutte le immondizie morali dell'umanità. Là si trovano ammassate la disonestà, l'intemperanza, la bestemmia, la superbia, l'ingiustizia e gli altri vizii tutti quanti, che sono come la putredine delle anime. A queste immondizie morali si accoppia una corporale infezione, più insopportabile di tutto il fetore degli spedali e dei cadaveri; onde se il corpo di un solo riprovato, afferma san Bonaventura, fosse portato sulla terra, basterebbe a renderla inabitabile, più che una stanza con entro un cadavere putresente. A Lione un uomo, entrato in una tomba cadde morto all'istante; tanto le infette esalazioni vi erano violenti, che lo soffocarono. 

Sulpizio Severo scrive di san Martino, che questi sul finir della vita fu tentato dal demonio, venuto a lui sotto forma visibile, vestito alla reale, colla corona in testa, affermando di esser il Re della gloria; il Cristo Figliuol di Dio. Ma il santo Vescovo lo riconobbe sotto quelle bugiarde apparenze di umana grandezza, e da sè lo cacciò con dispregio. Così svergognato disparve il superbo spirito, ma per vendetta lasciò la camera del Santo ripiena di tal puzzo, che non vi si potea più stare. I Padri della Compagnia di Gesù aveano, vivente sant'Ignazio, una casa presso il Santuario di Loreto, e perché operavano gran bene nelle anime, l'invidioso demonio, permettendolo Iddio, venne a disturbarli con visibili apparizioni. Tutta la casa era infestata da maligni spiriti, i quali ora spaventavano, ora maltrattavano, or anche cercavano con seducenti illusioni di risospingere quei religiosi nel mondo. Uno di quei perfidi ricacciato da un padre e costretto ad uscir dalla cella, se ne andò dicendo: Ah non ti piacciono i miei consigli; vedi dunque se ti aggradirà meglio il mio alito! A questi detti, spalancata orribilmente la bocca, mandò un soffio di aria sì fetida in volto all'altro, che questi ne rimanea per poco soffocato; e la stanza per parecchi giorni non si potè più abitare.

R. P. SCHOUPPES S.J. 

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