Maria Simma e le anime del purgatorio
b) Il mio rapporto con le anime del purgatorio
In questo suo libro Maria Simma dice fra le altre cose: «Fin dall’infanzia avevo un grande amore per le anime del purgatorio; anche mia madre
ci teneva moltissimo e ci ripeteva sempre questo consiglio: quando avete qualcosa di importante da fare, rivolgetevi alle anime del purgatorio: sono gli aiuti
più validi.
Nel 1940 si manifestò per la prima volta a me un’anima del purgatorio. Sentendo che qualcuno andava e veniva per la mia camera, mi svegliai. [...] Vidi allora uno straniero che passeggiava lentamente. Lo interpellai con tono burbero: “Come sei entrato? che cosa hai perso?” Fece come se non sentisse nulla e continuò il suo andirivieni. [...] Balzai dal letto e cercai di afferrarlo. Non presi che aria, non c’era più nulla. Ritornai a letto e l’intesi di nuovo camminare. [...] Mi alzai ancora una volta, camminai lentamente verso di lui, volli fermarlo... una volta ancora pescai nel vuoto. Dopo la Messa andai dal mio direttore spirituale e gli raccontai
ogni cosa. Mi disse: «Se capita ancora qualcosa di simile, non domandare “chi sei”, ma, “che vuoi da me”.
La notte seguente ritornò: era la stessa persona della notte precedente. Le domandai: “Che vuoi da me?” Rispose: “Fa’ celebrare tre messe per me e sarò liberato”.
Pensai allora che fosse un’anima del purgatorio. Lo dissi al mio confessore che me lo confermò. Dal 1940 al 1953 ogni anno vennero solo due
o tre anime, di solito in novembre. [...] Padre Alfonso Matt, che era pure il mio confessore spirituale, mi consigliò di non allontanare mai un’anima,
ma di accettare tutto generosamente.
Quando un’anima viene, mi sveglia bussando o chiamandomi, o scuotendomi, o in altro modo ancora. Le chiedo subito: “Che vuoi” o “che devo fare per te”. In questo modo essa può dirmi ciò che le manca.
Così un’anima mi domandò un giorno: “Una delle cose che ha più efficacia per noi è la sofferenza sopportata con pazienza, soprattutto quando si offre per le mani della madre di Dio affinché egli la utilizzi per chi vuole”.
E mi chiese di soffrire per lei. Ciò mi parve abbastanza strano, poiché fino a quella volta nessuna anima mi aveva espresso un tale desiderio. Allora le risposi: “Sì, ma che devo fare?” Mi rispose: “Per tre ore proverai un grande dolore per tutto il corpo; ma dopo tre ore potrai alzarti
e continuare i tuoi lavori come se non fosse successo nulla: Così potrai togliermi vent’anni di purgatorio”.
Accettai. Mi colsero allora tali dolori che capivo a malapena dove ero, pur essendo cosciente di aver accettato in espiazione di un’anima quelle sofferenze
che dovevano durare tre ore. Mi sembrava che quelle tre ore dovessero esser passate da un pezzo, e che si trattasse piuttosto di tre giorni o di tre settimane. Quando tutto fu terminato, mi resi conto che in fondo erano passate
solo tre ore. Alle volte dovevo soffrire soltanto cinque minuti; ma mi pareva lungo quel tempo!
Nel 1954 (era l’anno mariano) ogni notte venivano delle anime. Alle volte mi dicevano chi erano e mi incaricavano di varie missioni per i loro parenti.
In questo modo il caso fu conosciuto dal pubblico; ciò per me fu spiacevole, poiché, per conto mio, non ne avrei parlato a nessuno se non al mio padre spirituale. [...] Mi capitava anche di dover annunciare alla parentela di rendere dei beni acquistati male, cosa che era chiaramente indicata. Ci furono dei casi in cui i membri della famiglia
stessa non erano al corrente di simili fatti ed erano tuttavia veri. Era il mio parroco e direttore spirituale che trasmetteva i messaggi a gente di altri villaggi vicini e lontani.
Nell’anno 1954 le anime venivano a trovarmi anche durante il giorno. Al termine dell’anno mariano venivano due o tre volte alla settimana. Di
solito appaiono il primo venerdì del mese o in un giorno di festa della Santissima Vergine o durante la Quaresima. Durante la Settimana Santa, soprattutto, molte di loro hanno il permesso di venire; poi nel mese di
novembre e durante l’Avvento. [...]
Le anime che ho conosciuto le riconosco subito; le altre no, a meno che non mi dicano chi sono. Esse appaiono il più delle volte in abito da lavoro. Se erano persone invalide
o con gravi deficienze fisiche o mentali appaiono risanate. Quelle che erano in carrozzella camminano perfettamente; i muti parlano, i sordi odono, i ciechi vedono.
Le anime sanno di noi e di quello che ci capita molto più di quello che noi crediamo. Sanno, ad esempio, chi prende parte alla loro sepoltura, se
si prega o se si va semplicemente per fare atto di presenza, senza dire una preghiera, cosa che succede sovente. Sanno anche cosa si dice su di loro durante la veglia funebre, perché sono molto più vicine a noi
di quello che supponiamo e si rendono conto di chi assiste alle messe offerte per loro. Esse sono presenti ai loro funerali e alle messe offerte per loro. Non hanno piacere di funerali in pompa magna; li preferiscono semplici
ma fervorosi. Non vogliono che il loro corpo sia cremato, perché se non hanno un luogo di riferimento è più facile che ci si dimentichi di loro. La cremazione è permessa dalla Chiesa, purché
non si neghi la risurrezione, ma esse preferiscono tutto quello che porti la famiglia a pregare e il non avere una tomba fa sì che ci si dimentichi di loro.
Vogliono anche che si rispetti il loro corpo e che si eviti qualsiasi profanazione. Piace loro che si versi sulla tomba acqua benedetta e si tenga acceso un cero benedetto. Le visite
al cimitero fatte con amore, sono da loro gradite e le aiutano più di quello che immaginiamo. Anche il semplice atto di ripulire la loro tomba è di aiuto, corrispondente all’amore che ci mettiamo. Personalmente,
quando vado al cimitero, che è assai prossimo alla mia casa, accendo per le anime una candela, aspergo acqua benedetta ed esse mi ringraziano. Un giorno venne a trovarmi una bambina di sei anni e mi disse che aveva
spento una candela nel cimitero per prendere la cera e giocare. Per questo si trovare in purgatorio anche se per poco tempo. Mi chiese di accendere per lei due ceri benedetti.
Un bambino di 11 anni di Kaiser chiese a Maria Simma di pregare per lui. Era in purgatorio per avere, il giorno dei morti, spento al cimitero le candele
che ardevano sulle tombe e per aver rubato la cera per divertimento.
Come si vede, ci sono anche bambini in purgatorio, perché, prima di quello che noi pensiamo, hanno coscienza del bene e del male. Un giorno venne
una bambina di quattro o cinque anni e mi disse che era in purgatorio perché aveva ricevuto in dono da sua madre una bambola, uguale a quella ricevuta da sua sorella gemella. Aveva rotto la sua e, temendo di essere
scoperta, la cambiò con quella della sorella sapendo che stava facendo qualcosa di male e che sua sorella ne avrebbe sofferto.
Vi sono anche sacerdoti in purgatorio. Una volta mi si presentò un sacerdote per chiedermi aiuto; vidi che la sua mano destra era nera e sporca.
Mi disse: “Dì a tutti i sacerdoti che incontri di benedire senza stancarsi le persone, le case, gli oggetti sacri. Io trascurai di farlo perché non davo grande importanza a
ciò e per questo motivo soffro in questa mano”. I sacerdoti possono dare tante benedizioni e esorcizzare le forze del male. Soprattutto i sacerdoti possono celebrare messe per le anime
purganti e questo è il più grande aiuto! Se si sapesse qual è il valore di una sola messa per l’eternità, le chiese sarebbero piene anche durante la settimana! Nell’ora della morte,
le messe cui abbiamo partecipato con devozione saranno il nostro maggior tesoro. Hanno più valore delle messe fatte celebrare per noi dopo la nostra morte. Sono importanti anche le indulgenze. Un’anima mi parlò
della loro importanza e disse che per acquisire un’indulgenza plenaria è necessaria la totale purezza dell’anima, che sia distaccata da tutto quello che è terreno.
Quando un’anima mi appare e, dopo che ha avanzato le sue richieste, rimane più tempo con me, so che posso parlare con lei e farle delle domande.
Normalmente, dopo un po’ di tempo, viene un’altra anima a darmi la risposta con il permesso di Dio. Nel mio quaderno tengo annotate le risposte riguardo ad altre anime, se sono state liberate o sono ancora in purgatorio.
Può succedere che trascorrano due o tre settimane o anni prima di ricevere una risposta. Non mi hanno mai parlato di nessuno che sia all’inferno, ma da questo non si deve concludere che non esiste, ma solo che
Dio non permette di dirlo. L’inferno c’è e lì vi è molta gente. Se mi chiedono qual è il mezzo più efficace per non andare all’inferno, dirò che è quello di
essere umili. le persone umili non vanno all’inferno. Gli orgogliosi sono coloro che corrono il maggior pericolo di finire all’inferno.
I peccati che ricevono un castigo più severo sono quelli contro la carità: maldicenza, calunnia, rancore, i litigi per invidia e cupidigia...
Quante volte si pecca contro la carità, esprimendo parole o emettendo giudizi senza carità! Una parola può “uccidere” o risanare un’anima. Per questo è molto importante perdonare
e non serbare rancore neppure verso i defunti. Ricordo un caso avvenuto a Innsbruck. Una donna non riusciva a perdonare suo padre. Mentre era vivo, non le aveva dato l’affetto di padre e non le aveva dato neppure l’opportunità
di studiare per diventare una professionista. Per questo non poteva perdonarlo. Dopo la sua morte, il padre apparve a sua figlia, non una, ma tre volte, supplicandola
di perdonarlo, ma lei non voleva. Dopo un certo tempo, questa donna si ammalò e allora capì che doveva perdonarlo, altrimenti non sarebbe vissuta in pace. Presa questa risoluzione, lo perdonò di tutto
cuore e l’infermità cominciò a scomparire. L’odio avvelena l’anima fino a produrre infermità fisiche e mentali, Al contrario, l’amore apporta sempre salute, pace e gioia.
Un contadino venne a visitarmi e mi disse:
- Sto costruendo una stalla. Ogni volta che il muro arriva ad una certa altezza cade dall’altra parte. [...] Deve esserci qualcosa di soparannaturale lì dentro. Cosa si
può fare?
- Hai forse un defunto che ha qualcosa contro di te? - gli chiesi - o che era animato da sentimenti ostili nei tuoi riguardi?
- Per questo sì! Pensavo giustamente che non potesse essere che lui che, anche sotto terra, non mi lasciava tranquillo, rispose.
- Chiede solamente che tu gli perdoni, null’altro.
- Cosa? perdonargli? a lui che mi ha fatto tanti torti da vivo? perché possa andarsene in cielo? No, no! non ha che da espiare.
- Non se ne andrà subito in cielo; dovrà ben espiare questo torto, ma sopporterà più facilmente la sua pena. Non ti lascerà
più in quiete finché tu non gli abbia perdonato dal fondo del cuore. Come puoi dire nel Padrenostro: perdona le nostre offese come noi perdoniamo coloro che ci hanno offeso? è come se dicessi a Dio: non perdonarmi come neanch’io perdono.
L’uomo rimase pensoso, poi disse: “Hai ragione. In nome di Dio lo perdono perché Dio perdoni anche a me”. Da quel giorno non ebbe più problemi con la stalla ed ebbe amore e pace nel suo cuore.
Un giorno venne a trovarmi un uomo la cui moglie era morta l’anno prima; da allora tutte le notti sentiva bussare alla porta della sua camera da letto.
Andai a casa sua e nella notte mi apparve un grosso animale che sembrava un ippopotamo. Poi venne il demonio sotto forma di un serpente gigantesco che voleva strangolare l’ippopotamo... Sparirono. Poco tempo dopo venne
un’anima dalla parvenza umana e disse: non temere: lei non è dannata, ma è nel purgatorio più terribile che esista. Mi disse che aveva vissuto dieci anni in inimicizia con un’altra donna e che lei era la causa di tutto. L’altra donna avrebbe voluto rappacificarsi, ma lei si era sempre negata. Inoltre aveva rifiutato
di far pace anche durante la sua ultima infermità. Per questo è importante perdonare, altrimenti il nostro purgatorio sarà molto lungo.
Un giorno venne a visitarmi un uomo che voleva informarsi sulla sorte eterna di due defunti del suo villaggio. Era l’anno mariano 1954 e la risposta
giunse immediata. Un mese dopo io diedi la rispsota: La signora S è in cielo e il signor H è nel più profondo del purgatorio. Lui mi disse: è impossibile. La signora S morì in ospedale in seguito a una pratica d’aborto, mentre il signor H che era sempre il primo in chiesa e l’ultimo
ad uscire sarebbe ancora in fondo al purgatorio? [...]
Ma alcuni giorni dopo venne a trovarmi una signora che conosceva bene questi due e mi disse: La signora S. era per me come una sorella. Era debole dal punto di vista morale, è vero, ma ne ha sofferto molto; in lei questo difetto era dovuto in gran parte a tare ereditarie. Morì in seguito
a pratica anticoncezionale, è vero, ma il prete che l’ha assistita nel momento della morte ha dovuto ammettere: vorrei morire con i sentimenti di pentimento di questa donna. Ella morì nel Signore e fu seppellita religiosamente. Il signor H. invece era il primo in chiesa e l’ultimo
ad uscire, ma criticava gli altri senza limitarsi. Ciò che mi ha indignato maggiormente fu che durante il funerale della signora S. nessuno era più eccitato di lui. Non poté fare a meno di questa riflessione:
una simile carogna non doveva essere sepolta al cimitero.
Allora dissi alla signora: Ora tutto è chiaro per me: il Signore non vuole che giudichiamo gli altri. Il signor H. criticava questa donna anche al cimitero, ma il Signore fu misericordioso con lui perché
l’ha salvato. è molto pericoloso condannare qualcuno. [...] Non possiamo dunque mai giudicare. Ora il signor H. è nel purgatorio profondo.
Una volta venne un’anima e mi disse: Ho commesso un crimine contro Dio. Un giorno, per superbia, presi una croce e la distrussi pensando che,
se Dio esisteva, non me lo avrebbe permesso. Quasi subito mi venne una paralisi che fu la mia salvezza. In seguito mi chiese di dire a sua moglie di fare alcune cose per aiutarlo e per liberarlo
dal purgatorio. Ella era uscita dalla chiesa cattolica e si era fatta protestante. Quando le narrai la vicenda del suo sposo, mi disse: Credo in quello che mi dice, perché l’episodio della distruzione della croce lo sappiamo solo io e lui. Così tornò nuovamente nella chiesa cattolica.
Un medico un giorno si presentò lamentandosi che doveva soffrire molto per aver accorciato la vita dei suoi pazienti con iniezioni, affinché
non soffrissero oltre [eutanasia]. Nessuno ha il diritto di togliere la vita, perché mentre si è vivi, anche se si è in coma, si possono ricevere
le benedizioni di Dio tramite le nostre preghiere e le buone opere.
Una donna mi disse: Ho dovuto stare 30 anni in purgatorio per non aver lasciato entrare in convento mia figlia. Per questo dobbiamo riflettere sulla grave responsabilità dei genitori che non acconsentono alla vocazione sacerdotale o religiosa dei loro figli. Nessuno ha il diritto di modificare i piani che Dio ha
tracciato per ognuno da tutta l’eternità.
Un altro giorno si presentò un’anima e mi disse: Mi conosci? Io le risposi di no. Lui replicò: Ma tu mi hai incontrato. Nel 1932 hai fatto un viaggio in treno e io ero tuo compagno di viaggio.
Allora mi ricordai molto bene di quell’uomo orgoglioso che criticava a voce alta la Chiesa e la religione. Avevo 17 anni e gli risposi come potei. Lui mi disse: Sei troppo giovane per darmi lezioni. Quando scesi dal treno, dissi al Signore: Signore, non lasciare che questo uomo si perda. Proprio questa preghiera l’aveva salvato. Quanto può fare la preghiera, seppure piccola ma fatta con fede. Quanto valgono
le opere di carità per gli altri!
Un giorno mi apparve un’anima con un secchio vuoto. Le chiesi perché lo portasse con sé. Mi disse: è la mia chiave del paradiso. Non ho pregato molto durante la vita; andavo in chiesa raramente, ma una volta per Natale pulii gratuitamente la casa di una povera anziana, e questo fu la mia salvezza.
Nel 1954 cadde una valanga che seppellì molte persone in un piccolo villaggio di montagna. Un giovanotto di vent’anni seppe che chiedevano
soccorsi e uscì a portare aiuto. Sua madre voleva trattenerlo, perché vi era un grande pericolo per lui. Il giovane tuttavia uscì per salvare coloro che chiedevano soccorso, ma una valanga seppellì
anche lui. La seconda notte dopo la sua morte venne a chiedermi che gli facessi celebrare tre messe. I suoi familiari si meravigliarono che potesse essere liberato così presto, perché non era mai stato molto
fervente, anzi proprio il contrario. Ma il giovane mi confidò che Dio era stato molto misericordioso con lui percé aveva voluto aiutare il suo prossimo e aveva compiuto un’azione così bella. Se avesse
vissuto più a lungo, non avrebbe potuto ottenere una morte così bella agli occhi di Dio: e cioè una morte durante un atto di carità verso
il prossimo.
In quello stesso anno 1954 in un altro villaggio ebbe luogo un’altra valanga che causò molti disastri. Si raccontava che cent’anni prima
un’altra valanga aveva distrutto il villaggio, ma questa era stata peggiore, pur senza conseguenze più gravi. Perché? Le anime mi dissero che una donna di nome Stark aveva offerto le sue preghiere e le
sue sofferenze per la sua gente. Altrimenti mezzo paese sarebbe stato distrutto. Quanto valgono le sofferenze sopportate con pazienza! Salvano più anime della preghiera! Per questo non si deve ritenere la sofferenza
un castigo, poiché può essere un tesoro se lo offriamo con amore per la salvezza degli altri. Solo in cielo potremo sapere tutto quello che abbiamo ottenuto con le nostre sofferenze sopportate con pazienza, in
unione con i patimenti di Cristo. La sofferenza è un grande dono che ci avvicina a Dio e agli altri.
Un giorno del 1954, verso le 2,30 della sera, passeggiando nel bosco incontrai una donna molto anziana tanto che sembrava avesse cent’anni. La salutai
amabilmente ed ella mi disse: Perché mi saluti? Nessuno mi saluta, Nessuno mi dà da mangiare e debbo dormire sulla strada. La invitai a mangiare e a dormire nella mia casa. Lei mi disse: Ma io non posso pagare.
Non importa, insistei. Non ho una bella casa, ma sarà meglio che dormire in strada. Ella allora mi ringraziò e mi disse: Dio ti ricompensi. Ora sono liberata. E sparì. Fino a quel momento non avevo capito che si trattava di un’anima del purgatorio. Certamente durante la sua vita non aveva voluto aiutare qualcuno che aveva bisogno di cibo e di alloggio e
doveva attendere che qualcuno le offrisse quello che lei aveva rifiutato agli altri.
Un altro giorno mi apparve l’anima di un giovane che mi disse: per non aver rispettato le leggi del traffico, ebbi un incidente stradale e morii a Vienna. Gli chiesi: Eri pronto per entrare nell’eternità?
Non ero pronto, rispose, ma Dio dà due o tre minuti per potersi pentire e solo colui che rifiuta questo viene condannato.
Quando uno muore in un incidente, le persone dicono che era la sua ora. Questo è vero quando uno non ha colpa. Ma io avevo colpa, perché nei disegni di Dio io avrei dovuto vivere ancora trent’anni. Per questo l’uomo non ha diritto di esporre la sua vita ad un pericolo mortale senza necessità.
Egualmente è molto importante nell’ora della morte abbandonarsi alla volontà di Dio e accettarla. Una madre di quattro figli stava per
morire e disse a Dio: Signore, se è la tua volontà accetto la mia morte, ma ti affido il mio sposo e i miei quattro figli. Per questo atto di confidenza e di abbandono totale andò dritta in cielo. Vale la pena abbandonarsi senza condizioni nella mani del nostro Padre Dio e confidare in lui fino alla fine.
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