La nascita della Donna
L’‘OMEGA’
Il parto
(Nota della curatrice) Le pagine che seguono descrivono immagini molto dure e crude, per cui don Guido aveva pensato di ometterle nella trascrizione del testo, ma il Signore è intervenuto dicendogli: “Integrale!”
§ 103 All’improvviso il soffitto dell’antro buio in cui mi trovavo cominciò ad oscillare fortemente, avanti e indietro e poi da un lato all’altro. “Accidenti – pensai – dove sono andato a cacciarmi!?”. Guardai le due colonne di sostegno: si contorcevano ad ogni oscillazione del soffitto. Mi accorsi che dal soffitto cadeva in quel momento uno stillicidio di acqua bionda proprio davanti a me39: proveniva da una fessura; ma non era una spaccatura della roccia perché aveva i bordi aderenti, neri, levigati e ondulati. Forse si trattava di un lento cedimento di quel ponticello da armature, che avevo già visto dall’esterno, frontato contro
38 Questa è un’altra espressione allegorica che fa intendere che se la vecchia madre brizzolata, la capostipite degli ancestri, è raffigurata da un CEPPO, ossia da un tronco mozzato, perché la sua discendenza come specie pura è estinta.
39 Le sequenze, sempre raffigurate con immagini allegoriche, nascondono un certo realismo. Si tratta probabilmente della rottura delle acque che dà inizio al parto.
l’uscita della galleria per impedire il franamento del terreno. Non so perché, ma ero certo che di là fosse l’uscita all’aperto, fuori da quella piccola galleria buia in cui mi trovavo.
“Prima che mi crolli tutto addosso – pensai – è meglio che vada fuori”. Mi fermai all’ingresso del cunicolo e, voltandomi indietro, vidi dentro di esso scendere e salire di alcuni centimetri quel soffitto storto.
Come se ci fosse in me una doppia personalità, capivo che si trattava di un’illusione ottica, perché sentivo di essere seduto sulla sedia e proteso in avanti. Mi raddrizzai, controllai la mia posizione, il tavolo, la Bibbia, i mobili.
La solita luce rosea mi impediva di distinguere bene. Vedevo bene, come alla luce del giorno, solo sul video. Lo guardai di nuovo.
Quell’antro semibuio era lì, ma ciò che mi era accaduto mi aveva sconcertato. – Signore, se viene da Voi, fate che io capisca! – Mi protesi di nuovo verso il quadro pensando: “Cosa posso fare altrimenti? Se ritornassi in camera mia, la visione mi inseguirebbe anche là. Farò la volontà di Colui che È. Già non mi costa niente ed è uno spettacolo insolito. Anzi: forse l’unico al mondo”.
Mi venne il desiderio di essere ripreso dall’illusione misteriosa di prima.
§ 104 Intanto il soffitto oscilla ancora dentro quel pertugio. Contemporaneamente qualcosa si muove dalla parte opposta, fuori del cunicolo, alla luce del sole. Dal lato superiore del riquadro, occupato interamente dalla feritoia attraverso la quale posso sbirciare all’esterno, vedo sporgere due stalattiti larghe, corte e rotonde, parallele e uguali, di forma semicircolare con goccia sotto, di colore bruciato [sono i seni penzolanti della vecchia madre curva in avanti con l’appendice dei capezzoli che, visti frontalmente, sembrano gocce].
Viene a frapporsi intanto un oggetto informe. – Quella sembra una zolla di loppa secca, con steli bianchi e neri, – dissi – che scende e risale come se qualcuno dal di sopra la scuotesse su e giù o forse è uno strano pennello largo da imbianchino, dalle setole lunghe e disuguali, che in gergo vien detto ‘pennellessa’. Non riesco a vedere la mano che lo scuote [è la ‘chioma’ scapigliata della vecchia madre vista frontalmente mentre tiene la testa bassa]. –
– Quel ciuffo, che pare erba secca, ora scende un po’ più basso e sembra attaccato ad un pezzo di legno nero, informe e relativamente grosso [è il collo]. –
– Viene ad agitarsi ancora un po’ più in basso. –
– Quel pennello ora mi sembra una maschera [perché la vecchia madre solleva la testa e mostra il suo brutto volto]. –
Infatti, ad un ripetersi del movimento, vidi il bianco degli occhi vivi della vecchia intenta nel suo compito di levatrice e anche le sue pupille vivide che per un istante mi hanno guardato.
Compresi che quei movimenti erano un’espressione muta come se volesse ripetere... un “Sì... sì... sì... esci... vieni fuori...”.
Durante questi scossoni, intravedo all’esterno, rispettivamente all’estremità dell’uno e dell’altro ramo mosso dal vento, [le braccia della levatrice] un tratto di alcuni centimetri di una coscia biancastra e liscia, poi un altro tratto uguale dell’altra coscia simmetrica dalla parte opposta [sono le cosce della partoriente].
Finalmente rieccomi fuori e l’incubo finisce.
Dagli scritti di Don Guido Bortoluzzi
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