LA GIUSTIZIA DEL PADRE
E’ un luogo comune appellarsi alla giustizia di Dio quando non possiamo farci “giustizia” da noi.Anche l’espressione “Dio ti paghi” - usata a mo’ di ringraziamento in molti paesi - sa di arma a doppio taglio: “Dio ti ricompensi... nel bene e nel male”.
Nel linguaggio ecclesiale, in maniera più sottile ma non meno pesante, si usa dire: “Ti ringrazio... coram Domino”, cioè mettendo tutto dinanzi alla Verità e alla giustizia del Signore.
Insomma, appellarsi a Dio come ad un vendicatore che può colpire quando non possiamo farlo, è costume diffuso. E’ il segno della repressa fame di vendetta che tutti coviamo dentro e che vorremmo soddisfatta semplicemente delegando Dio che - onnipotente qual è - può ben fare le nostre veci senza compromettersi e, soprattutto, senza comprometterci.
Vorremmo che Dio fosse il nostro giustiziere personale, che è tutto dalla nostra parte e che quindi deve colpire chi ci colpisce. E, se non lo fa, lo rinneghiamo come il fratello del figliuol prodigo:
“Egli si indignò e non voleva entrare. Il padre uscì a pregarlo. E lui rispose a suo padre: ‘Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso...’” (Lc 15, 29-30)
Come il fratello “buono” anche noi ci appelliamo al Padre perché faccia giustizia (come diciamo noi) contro chi ci sembra ci faccia del male. Nel caso del Vangelo è evidente come noi “buoni” travisiamo anche la verità dei fatti: il figliuol prodigo non aveva divorato i beni del padre, ma quelli che gli spettavano di diritto per eredità e che forse facevano gola a lui, al fratello “buono”. Ma quando non si è nell’Amore è difficile distinguere la Verità. Le passioni ci fanno invocare subito giustizia. Allora è bene che ci chiariamo le idee circa il rapporto che c’è tra la Giustizia, Dio e noi.
COSA È LA GIUSTIZIA?
In senso strettamente giuridico è “La virtù morale per la quale si dà a ciascuno ciò che gli è dovuto, e rispetta il diritto altrui”. Dice ancora il Palazzi: “Talvolta si connette all’idea di giustizia l’idea di punizione”.
In senso biblico invece la giustizia di Dio è anzitutto la concreta fedeltà al patto, che Egli manifesta: nell’esaudire la preghiera (Sal 116, 1-9); nel garantire il diritto e la giustizia (Ger 9, 23-24); nell’assicurare il perdono (Sal 51, 14) e la salvezza (Sal 85, 8-11; Is 46, 12-13). La giustizia di Dio si identifica così con la sua volontà o azione di salvezza.
Le lingue moderne non conoscono più questo senso positivo della giustizia divina, che per il linguaggio biblico è fondamentale; è perciò indispensabile tenerlo ben presente per un’esatta comprensione del messaggio dell’Evangelo, perché anche in esso la giustizia di Dio è sostanzialmente la sua volontà di salvezza che Egli ha messo in opera per mezzo di Gesù Cristo e per la quale giustifica l’uomo, cioè gli dona la giustizia (Rom 1, 17; 3, 21- 26; Fil 3, 9).
Riportiamo solo quest’ultimo brano:
“... al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede”. (Fil 3, 9)
Posti così i termini della questione, come prima cosa dobbiamo eliminare l’idea di un Dio che sta sempre con il bastone in mano e che, ad un nostro minimo cenno, è pronto a colpire chi ci è antipatico o chi ci ha fatto del male.
IL POTERE DI GIUDIZIO
Amministrare la giustizia è il massimo potere. Nell’antichità era competenza specifica del re che, seduto in trono con tutte le insegne del comando, ascoltava le parti ed emetteva la sentenza.
Dio Padre è la massima autorità, ed a Lui viene riconosciuta e attribuita in pienezza tale facoltà. Ma il Padre non intende essere il giudice dei suoi figli: quale padre vorrebbe giudicare e condannare i suoi figli? E per questo delega il Figlio, perché eserciti questo potere con i Suoi fratelli:
“Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio”. (Gv 5, 22)
Il Figlio dice sempre “sì” al Padre, e accetta questo incarico: ma gli pesa non meno di quanto pesi al Padre. Viene dunque sulla terra con questo divino potere - splendido e terribile - di assolvere e di condannare. Ma non lo usa mai, se non per assolvere:
“Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio...” (Gv 8, 4)
Come altre volte (Mt 9, 11; 12, 2; 12, 10; 15, 2; 19, 3), anche ora i furbi del tempo cercano di far cadere Gesù in un trabocchetto umanamente senza scampo: se assolve, sarà messo lui sotto accusa perché va contro la legge; se condanna, scompare la figura del Maestro misericordioso... Ma Gesù è Dio, e non si lascia certo intrappolare dalle Sue creature:
“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. (Gv 8,7)
In maniera molto più evidente Gesù, sulla Croce, userà questo potere di assolvere e di condannare, quando risponderà alle ultime provocazioni (“Se sei il Cristo, il re di Israele, scendi ora da quella croce!”cfr Mc 15,32) con tutta la potenza del Suo Amore:
“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34)
Sulla croce Gesù testimonia tutta la Sua infinita capacità d’Amore e tutta la sua intelligenza “giuridica”, riuscendo anche a trovare, dinanzi all’inferno, la motivazione tecnica per l’assoluzione: gli imputati - tutti gli uomini - vanno assolti per incapacità di intendere e di volere. Non è questa una “pia giustificazione”: in realtà gli uomini, durante la Passione, erano talmente posseduti dal male che non erano più in grado di decidere.
CHI CI GIUDICA?
Il Padre passa dunque il potere di giudizio al Figlio; ma il Figlio non lo usa per condannarci, ma per assolverci. Anzi, prende continuamente le nostre difese, anche ora lassù nel Cielo: “Abbiamo un avvocato presso il Padre” (1Gv 2, 1). Ma allora, se Gesù che ha il potere di giudizio ci assolve e ci giustifica, chi ci accusa e chi ci condanna?
“Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e Satana, e che seduce tutta la terra”. (Ap 12, 9)
E' lui il grande Accusatore:
“Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio perché è stato precipitato l’Accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti a Dio giorno e notte”. (Ap 12, 10)
Ogni nostra azione viene sottoposta a giudizio dinanzi al tribunale di Dio e Satana funge da pubblico accusatore, da “pubblico ministero” che non lascia passare neanche una parola senza averla sottoposta al vaglio.
Per questo Gesù ci esorta a non pronunziare parole senza amore e contro l’Amore: “Chiunque dice stolto al suo fratello…” (Mt 5, 21).
Prima del giudizio particolare che avremo dopo la morte, noi subiamo un continuo giudizio in cui Satana funge da accusatore, Gesù da avvocato difensore e il Padre dovrebbe alla fine emettere il verdetto. Ma abbiamo già detto che il Padre non vuole giudicarci e condannarci e che per questo passa ogni giudizio al Figlio che usa tale potere solo per giustificarci e assolverci. Il Satana ci accusa, ma non ha il potere di condannare, perché tale potere è riservato solo al giudice.
Allora, chi ci condanna?
Ricapitolando: il Padre e il Figlio rinunciano al giudizio; il Satana ci accusa, ma non può emettere sentenze definitive. Ma allora chi ci condanna? Siamo noi stessi che ci giudichiamo e ci condanniamo a vicenda.
Per intenderci meglio: Gesù, che fa sempre quello che vede fare dal Padre (Gv 5, 19), passa a sua volta il potere di giudizio a noi: il Suo Amore verso di noi non è inferiore a quello del Padre, e non intende giudicare e condannare coloro che ha amato e ama sino al punto di dare la vita per loro (Gv 10, 15; 15, 13) che chiama “amici” (Gv 15, 15) e che unisce a sé nella filiazione divina (Gv 17, 22).
Gesù ci ama di Amore totale, donando a noi in pienezza se stesso e tutto ciò che ha: il Suo Sangue e la Sua Carne (Lc 22, 19-20; Gv 6, 54); la Sua Mamma (Gv 19, 27); il Suo Papà (Mt 6, 9; Gv 14, 7; Gv 14, 23; Gv 15, 15); il Suo Spirito (Gal 4,6); la Sua potenza di miracolo (Gv 14, 12; Lc 10, 19; Mc 6, 7.13; 16, 17.20; Mt 10, 1). Non esclude dal dono neanche il Suo potere di giudizio (Gv 20, 22; Mt 19, 28; Mt 16, 19; Mc 16, 16), ma è un potere che scotta, e ci dice come dobbiamo usarlo: assolvendo, come ha fatto Lui, altrimenti ci ricade sul capo:
“...col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati”. (Mt 7, 2)
Nulla Gesù raccomanda più insistentemente del non giudizio, e nella preghiera al Padre fa dire proprio a noi che, se non perdoneremo, Lui non potrà perdonarci.
LA GRANDE TRAPPOLA DELL’INFERNO
Il giudizio è la grande trappola che l’inferno ci tende continuamente, ponendo una barriera di non amore tra noi e i fratelli: aggiungendo giudizi a giudizi, ciascuno finisce con il restare isolato in una bara di morte: è la solitudine, è la disperazione, è l’inferno già qui in terra.
Il giudizio uccide l’Amore, blocca la Misericordia e dà via libera alla “giustizia” che il Satana continuamente chiede. E questo vale per ogni singolo uomo e per tutta l’umanità.
Quindi il giudizio è il mezzo che Satana usa per coinvolgere tutti e tutto. Se noi stiamo al suo gioco verremo coinvolti nel suo gorgo d’inferno e renderemo vano l’Amore del Padre.
E’ finalmente chiaro il grande disegno della bestia: essa sa che “le resta poco tempo” e vuole coinvolgere più creature che può in questa disfatta. Per questo usa tutti i mezzi, soprattutto i mass-media, diffondendo unicamente realtà di violenza, di corruzione e di morte: i più le accolgono, se ne fanno partecipi e vengono travolti nel grande processo di morte, marchiati “nella mano e nella fronte”. E questo lo abbiamo capito tutti e tutti ne conveniamo.
Quello che non abbiamo capito è un gioco ancora più sottile: Satana, con queste continue violenze morali, intende esasperare quei pochi che non accolgono le sue sollecitazioni portandoli a gridare: “Basta! Signore, visto che noi non possiamo fermare questa valanga di morte, intervieni Tu con la Tua Giustizia!”.
E questa sarebbe la fine!
Dobbiamo farci furbi, certi che il Padre, nella Sua Misericordia, è più forte della “giustizia” del Satana.
Non commettiamo lo stupido sbaglio di abboccare all’amo che la bestia ci lancia mediante i suoi profeti di sciagura. Noi abbiamo il profeta dei profeti - il Papa - che ci prospetta orizzonti ben più ampi e validi:
“Quanto più la coscienza umana, soccombendo alla secolarizzazione, perde il senso del significato stesso della parola Misericordia, quanto più, allontanandosi da Dio, si distanzia dal mistero della Misericordia, tanto più la Chiesa ha il diritto e il dovere di far appello al Dio della Misericordia con “forti grida”. Queste forti grida devono essere proprie della Chiesa dei nostri tempi, rivolte a Dio per implorare la sua misericordia, la cui certa manifestazione essa professa e proclama come avvenuta in Gesù crocifisso e risorto, cioè nel mistero pasquale. E’questo mistero che porta in sé la più completa rivelazione della misericordia, cioè di quell’Amore che è più potente della morte più potente del peccato e di ogni male, dell’amore che solleva l’uomo dalle abissali cadute e lo libera dalle più grandi minacce”. (Dives in Misericordia, 15)
Commentando questo brano nel I volume di “Dio è mio Padre” dicevamo nel 1982:
“Eliminiamo le sterili polemiche, finiamola di segnarci a dito accusando questi o quello di tutti i mali. Questo è il gioco dell’inferno che non vuole farci aggrappare all’unica fonte vera di salvezza: la Misericordia del Padre. Siamo in una spirale di odio che può essere spezzata solo dall’Amore del Padre, e il Papa - profeta di misericordia che echeggia la misericordia di tutti i profeti - ci ha mostrato la strada: che aspettiamo a percorrerla? Chiediamo con “forti grida” la misericordia per tutti, e sperimenteremo con il profeta Gioele che “il Signore è rifugio al suo popolo”. (Dio è Padre I vol.)
Chiudiamo queste nostre riflessioni facendo un breve commento a quanto Satana - stando alle recenti dichiarazioni di alcuni suoi adepti - avrebbe “rivelato”: il suo trionfo è vicino. Di che trionfo intende parlare? Del trionfo della “sua” giustizia: quindi tutto e tutti saranno travolti dalla sua furia di morte e di violenza.
Io non mi agito per le rivelazioni dei profeti che si dicono di Dio, quindi tanto meno mi turberò per quelle dei profeti che si dicono di Satana.
Se quello che vanno dicendo è veramente pensiero dell’inferno, allora questa dichiarazione sa di sfida e noi la raccogliamo e lo ringraziamo per averci dato conferma di una cosa che sapevamo da tempo: il padre della menzogna ci preannunzia la sua sconfitta, il trionfo del Cuore Immacolato di Maria è vicino.
Cioè il trionfo della Misericordia, perché Maria non può certo “trionfare” su miliardi di figli travolti in un gorgo di morte. Ma questo dipende da noi.
La vogliamo smettere di ascoltare i profeti di sciagura che, forse con la migliore buona fede, fanno il gioco del Satana scoraggiando e terrorizzando gli spiriti? E vogliamo deciderci invece a seguire il Profeta dei profeti - il Sommo Pontefice - che, dalla cattedra di Verità, ci ricorda che abbiamo
“il diritto e il dovere di far appello alla MISERICORDIA... cioè di quell’amore che è più potente della morte, più potente del peccato e di ogni male, dell’amore che solleva l’uomo dalle abissali cadute e lo libera dalle più grandi minacce”? (Dives in Misericordia, 15)
PadreAndrea D'Ascanio ofm capp
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