martedì 14 settembre 2021

MORTE AL CLERICALISMO o RISURREZIONE DEL SACRIFICIO UMANO

 


CAPITOLO XVI 


EUROPA. 

I. 

I privilegi di cui godevano i Druidi, atti­ravano loro una infinità di discepoli che veni­vano da tutte parti. Gli uni erano mandati da9 genitori; gli altri venivano da per loro stessi.  Tutti, durante i loro studii, menavano una vita  separata dal mondo; perchè i Druidi tenevano  le loro scuole, e dimoravano nelle foreste di  quercie, e qualche volta negli antri. 

IL 

II loro insegnamento religioso .consisteva  in quattro punti principali: l'adorazione degli  dèi, l'immortalità dell'anima, il divieto di far  male ad alcuno, e l'obbligo d'essere coraggiosi.  Quanto alle dottrine umane, insegnavano la me­dicina, l'astronomia, il corso della luna, e in­segnavano a conoscere dal moto degli astri la  volontà degli dèi. 

La dottrina dell' immortalità dell' anima faceva che i Galli, in bruciare i loro morti, mettessero nel rogo o nell'urna funerea, un  conto esatto degli affari del defunto, affinchè  sen potesse servire per essere più felice nel  cielo, o meno infelice nell'inferno. Era anche  una costumanza assai ordinaria fra essi quella  di prestarsi l'argento in questo mondo, con ob­bligazione di restituirlo nell'altro. Di più scriveano lettere ai morti, convinti che i defunti le  avrebbero lette nei loro ozii. 

III. 

Le loro lezioni, come quelle de'Germani,  consistevano principalmente nel fare imparare  a memoria ai loro discepoli una gran quantità  di versi senza scriverli. Ciò richiedeva molto tem­po, e non si permetteva di mettere in iscritto  alcuna cosa. Cosi alcuni de'loro discepoli pas­savano sino a venti anni, occupati unicamente  in questo genere di studii. 

« Io credo, dice Cesare, che essi proibiscano di scrivere per due ragioni; la prima, affinchè  la loro dottrina non fosse conosciuta da nessuno,  e sembrasse più misteriosa. La seconda, affinchè  coloro che sono obbligati ad apprendere questi  versi, non avendo l'aiuto dei libri, siano più  solleciti nel coltivare la loro memoria. » 

IV. 

Oltre alcune verità apprese dalla tradizione,  i Druidi insegnavano delle superstizioni, che  avea comunicato loro il padre della menzo­gna. Ne riferiamo qui due ridicole e celebri si  l'una che l'altra. I Galli si servivano della ver­bena per trarre le sorti e formare i responsi.  I Druidi erano pressoché pazzi per quest'erba.  Pretendevano che stropicciandosela addosso, si  ottenesse tutto ciò che si voleva, che fugasse  le febbri, riconciliasse i nemici, e guarisse ogni  sorta di malattie. 

Ma bisogna coglierla nel momento della  canicola, avanti il levar del sole e della luna,  e dopo aver offerto alla terra fave e miele in  sacrificio espiatorio. Bisognava nel coglierla sca­var la terra all'intorno con un coltello nella  mano sinistra, facendo saltare la terra per aria;  quindi far seccare all'ombra stelo, foglie e ra­dica, separatamente. 

V. 

Questo relativamente alle guarigioni. Quan­to poi al successo degli affari, i Druidi vanta­vano soprattutto una specie d'uovo, conosciuto  da essi soli e da'loro iniziati. Quest'uovo, dicevano, era formato da una quantità prodigiosa  di serpenti, i quali vi deponevan sopra della bava  e della schiuma che usciva loro dal corpo. Gli  si dava perciò il nome d'anguinum. 

Al sibilo dei serpenti, l'uovo si sollevava  in aria, e bisognava raccoglierlo per aria, per  timore che non cadesse a terra. Quegli che aveva  avuto il bene di raccoglierlo, dovea prender  tosto un cavallo e fuggire, perciocché i serpenti  correvano tutti dietro a lui, fino a che fossero  arrestati da una fiumana che loro impedisse il  cammino. 

VI. 

Per farlo valere sempre più, i Druidi dice­vano che bisognava raccoglierlo in un dato  giorno della luna. Colui che avea la gran for­tuna di soddisfare a tutte queste condizioni,  era sicuro di vincere in tutte le liti, e d'aver  sempre libero l'accesso ai re. 

Il demonio, sempre geloso di farsi onorare  nel serpente, avea, pare incredibile, messo in  voga questa superstizione, e le aveva conciliato  credenza. « L'è una superstizione sì grande, dice  Plinio il naturalista, che l'imperatore Claudio  fe' morire un cavaliere romano del Delfinato,  solo perchè portava uno di questi uovi in seno  per vincere una causa. » 

VII. 

Ogni anno i Druidi tenevano un' assemblea  generale in un luogo sacro del paese di Chartres, il qual luogo era un'immensa ed oscura  foresta di quercie. I Galli vi si portavano da  tutte le provincie, per sottometter le loro liti  ai Druidi che le giudicavano senza appello.  Siccome Dio ha lasciato sempre qualche testimo­nianza di se, i Druidi furono alcune volte quel che  eran le Sibille dell'Oriente: annunziarono cioè  alcuni dei grandi misteri dell'avvenire. È più  che probabile aver essi in una di queste riunio­ni generali in mezzo alle oscure foreste di Chartres, che fu come il lor quartier generale, an­nunziato il divin parto della santissima Vergine.  E infatti tra que' boschi famosi, fu trovata la  celebre iscrizione: « Virginiparittirae, Druides:  Alla Vergine che dee partorire, i Druidi. » 

Vili. 

Nelle Gallie, non eranvi solo i Druidi, vi  erano anche le Druidesse. Queste vergini o donne  ammaestrate dai Druidi, partecipavano alla loro  autorità religiosa e civile, e davano de'responsi.  Più ancora degli uomini, sottoposte all'influenza  del demonio, facevano cose straordinarie, che  non si possono negare senza negar la storia. 

V'erano tre sorte di Druidesse : le une custo­divano sempre la verginità, come quelle dell'  isola di Sain sulle coste della Brettagna; altre  sebbene maritate, erano obbligate alla conti­nenza ed a restar sempre nei templi, al cui  servizio erano addette. Quelle della terza classe  non si separavano affatto dai loro mariti, alle­vavano i loro figliuoli, ed attendevano agli af­fari della famiglia. 

IX. 

Secondo che rapporta Tacito,1 i Germani cre­devano che le giovani della loro nazione fossero  dotate di santità e di conoscere l'avvenire. I Galli  avevano la stessa opinione rispetto alle loro. Di qui  l'immensa autorità, onde godevano le Druides­se. Fuvvi un tempo, anteriore alla conquista ro­ mana, in cui le Druidesse decidevan della pace  e della guerra, e dei più importanti affari dello  Stato. Godevano ancora di questo potere sovrano,  e rendevano la giustizia, allorché Annibale passò  le Alpi, per portar la guerra in Italia. 

X. 

Uno degli articoli dell'alleanza conchiusa tra lui e i Galli era, che se un Gallo avesse  da lagnarsi d'un Cartaginese, il Gallo porterebbe la  sua lagnanza davanti ai magistrati che il senato  di Cartagine avrebbe stabiliti in Ispagna; ed al­lorché un Gallo arrecasse qualche torto a un  Cartaginese, la causa sarebbe portata davanti  al tribunale delle donne dei Galli. 

La reputazione delle Druidesse non era punto ristretta ne'confini della Gallia; essa si  estendeva dappertutto e facea sì che le Drui­desse rappresentassero una grande figura nel  mondo. Tutti premurosamente le consultavano,  e teneano per oracoli le loro decisioni. 

XI. 

Sacerdotesse degli idoli, le Druidesse ave­vano il dritto d'offrire sacrifici, ed oimè! offri­vano sacrifi ci i umani. Vestite d'una tunica bianca,  che attaccavan con borchie, e stringevan con una  cintura di rame, co'pie scalzi accompagnavano  gli armati al combattimento. Appena i Galli  avevan fatti dei prigionieri, esse attraversavano  l'armata, con alla mano una spada snudata,  volavano addosso ai prigionieri, li gittavano a  terra, li strascinavano a un labrum, che era una  vasca della capacità di venti anfore. Vicino al labrum era un rialto, sul quale montava la Druidessa sacrificatrice; immergeva un coltello  nella gola di ciascuna vittima, e toglieva i suoi  auguri dal sangue che colava nel labrum. A mi­sura che scannava quegl' infelici, altre Druidesse  gli afferravano, gli sparavano, frugavano nelle  loro viscere, e ne ricavavan predizioni sugli affari  della nazione. 

XII. 

Le Druidesse eran vere maliarde, la cui gene­razione s'è perpetuala lungo tempo nelle Gallie.  Bisogna rimontare ad esse per trovar 1' origine  di quelle assemblee notturne, a cielo scoperto,  presiedute dal demonio, il cui spirito di lussuria  si pasceva di abominazioni tali da far impallidir  la luna. 

Un dotto canonista del dodicesimo e tredi­cesimo secolo, Burchard, riferisce i numerosi  decreti che eransi fatti sino a'suoi giorni, per con­dannar queste assemblee notturne. Quindi si leva  con energia contro le donne del suo tempo, tratte dai demonii, trasformati in uomini, daemonum turba, in similitudinem hominum transformata, i quali entravano in società con tutte  le femmine disposte a seguirli. 

« Demonii e donne, die' egli, sen vanno durante la notte a cavallo a far grandi corse neir aria, avendo alla lor testa Diana, da cui  bisogna dipendano senza riserva, obbedendole  ciecamente. La frotta o società appellasi Olila. 

Le donne tuttora coricate al fianco dei mariti,  escono à porte chiuse, si sollevali nelle nuvole,  attraversano  l'aria, uccidono senza arma visi­bile uomini battezzati e riscattati dal sangue di  Gesù Cristo; fan cuocere le lor carni e le man­giano. Queste corse sono alcune volte intraprese  per combattere altre donne simili, e ferirsi scam­bievolmente. Del resto, esse affermano che non  possono dispensarsi dal trovarsi a queste assem­blee nel modo che è detto: Se affirmant neces­sario et exprecepto facere debere. » 

XIII. 

Alcuni statuti manoscritti dell' antico vesco­vado di Conserans, del tredicesimo o quattordice­simo secolo, fanno anche menzione delle femmine  che faceano il mestiere d'andare a cavallo durante  la notte con Diana, e facevano iscrivere i loro  nomi nel catalogo di tutte quelle del loro sesso,  le quali passavano per dee. 

XIV. 

Ecco l'origine delle Tregende, la cui realtà è messa fuor di dubbio, non solamente dalle co­ stituzioni dei nostri re, dalle testimonianze dei  teologi ; ma ancora dalle recenti opere de' si­ gnori de Mireville, Des Mousseux, Bizouard,  de Lancre, e particolarmente dal fatto giuridi­camente provato, che ha avuto luogo in Isvezia  alcuni anni sono. Se affermare non è provare,  anche negare non è rispondere ; e il negar senza  ragione è una stoltezza.1 

Monsignor Gaume

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