giovedì 21 ottobre 2021

GESU’ OSTIA

 


All’incredulo perché sia meno scettico, e al sacerdote perché sia meno tiepido.


San Giovanni Bosco: il segreto d'un geniale educatore

Definire San Giovanni Bosco (1815-1888) un mistico, a qualcuno potrebbe sembrare fuori luogo. Ma questo capita a chi concepisce la figura del mistico come una persona che, assorta nella contemplazione, vive fuori dal mondo.

Non è proprio così. Nel vero mistico, la contemplazione illumina e dirige l'azione. E l'azione sarà prolifera in proporzione al grado di unione con Dio.

Gli esempi, nella storia della Chiesa, sono tanti. La profonda intimità con Dio, non impedisce a San Bernardo di Chiaravalle di essere consigliere di papi e di re, di fondare ben sessantotto case dell'Ordine cistercense.

Che dire di Santa Teresa d'Avila? In tutto il corso della sua vita, impegnata nella riforma dell'Ordine carmelitano, è animata da un'operosità inarrestabile, tanto da essere chiamata dagli avversari 'la monaca vagabonda'. Eppure Dio continuamente la favorisce di esperienze soprannaturali, che l'annoverano tra le grandi figure mistiche della Chiesa.

Anche San Giovanni Bosco è favorito da doni celesti: profezie, sogni, visioni, estasi. Chi gli sta accanto, non può non accorgersi del suo intimo rapporto con Dio.

Lo testimoniano i suoi tre autorevoli successori:

Don Michele Rua: «[ ...] E questi sentimenti d'amor di Dio manifestava con tanta spontaneità, che si vedeva che sgorgavano da una mente e da un cuore sempre immersi nella contemplazione di Dio e de' suoi attributi». Per Don Paolo Albera «era tanta l'unione con Dio» di Don Bosco, «che pareva ricevesse da lui quei consigli e incoraggiamenti che dava ai suoi figli». E per Don Filippo Rinaldi: «fu proprio un uomo di Dio, continuamente unito a Dio nella preghiera».

Due illustri allievi così parleranno del loro maestro: Monsignor Tasso, vescovo di Aosta: «Io sono persuaso che viveva in una continua unione con Dio. Ricordo che tra noi ragazzi c'era questa persuasione, che parlasse direttamente col Signore, specialmente quando ci aveva da dar consigli riguardo al nostro avvenire». E il cardinal Cagliero: «Era sempre in intima unione con Dio, quando dava udienza, quando era al tavolino intento ai suoi lavori, quando s'intratteneva insieme con noi in ricreazione, quando pregava con fervore da angelo dinanzi a Gesù Sacramentato, o allorché si trovava all'altare... In qualunque momento lo avvicinassimo, ci accoglieva sempre con squisita carità e con tanta serena amabilità, come se allora allora si levasse dalla più accesa orazione o dalla più divina presenza».

L'Eucaristia è l'amore di tutta la sua vita.

Versa lacrime di amore, di dolore, di gioia ... quand'è l'oggetto delle sue prediche. Il suo zelo sacerdotale si manifesta anche per i luoghi e le cerimonie del culto; non bada a spese nell'erigere le tre chiese di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Evangelista a Torino, e del Sacro Cuore di Gesù a Roma, convinto che il decoro del luogo e la solennità del culto non solo mettono entusiasmo nei fedeli, ma imprimono negli animi l'onore dovuto a Dio. La dimora, infatti, fa riflettere sempre sulla presenza di chi vi abita.

Se Don Bosco è così fervente nelle cose esteriori del culto, possiamo immaginare il suo modo di celebrare! I fedeli ne sono edificati, ed accorrono in massa dove sanno che ci sarà lui a celebrare la Messa.

Quando va verso l'altare, a chi si avvicina per salutarlo, gli risponde con un sorriso senza proferir parola, assorto già nella imminente celebrazione.

Dopo la Messa si sofferma a lungo in chiesa per la preghiera di ringraziamento, anche se ci sono ad attenderlo persone influenti: al primo posto, per lui, c'è sempre Dio.

San Giovanni Bosco: "uomo di preghiera" e nello stesso tempo "uomo d'azione", le cui attività si diffondono ovunque. Quand'egli si reca in Francia, nel 1881, per presentare le Opere Salesiane nelle diverse parti del mondo, le parole dell'arcivescovo d'Aix, riferendosi alle Missioni in Patagonia, valgono più di qualsiasi altro resoconto: «Per tal modo Don Bosco estese le sue conquiste ben più gloriosamente ed ampiamente, che non Napoleone I ed Alessandro Magno!...». Prete a Torino dal 1841, scriverà in una lettera: «[ ...] ho sempre impiegate le mie poche sostanze e le mie forze nelle carceri, negli ospedali, nelle piazze, a favore dei ragazzi abbandonati». È proprio visitando le carceri, infatti, che rimane sconvolto: «Vedere turbe di giovanetti, sull'età dai 12 ai 18 anni, tutti sani, robusti, d'ingegno svegliato, ma vederli là inoperosi, rosicchiati dagli insetti, stentare di pane e spirituale e temporale, fu una cosa che mi fece inorridire».

L'apostolato a cui si dedica non è nuovo nella storia della Chiesa, ma è nuovo il metodo. L'obiettivo del suo progetto educativo sarà quello di «aiutare i giovani a diventare onesti cittadini e buoni cristiani», con un «sistema preventivo» che «si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e sopra l'amorevolezza», perché è convinto che «il sistema repressivo non ha mai fatto migliore nessuno».

«Prevenire, non reprimere» è, quindi, il principio del sistema educativo che Don Bosco elabora in poche pagine, ma di un contenuto così ricco di consigli e di esempi che ne fanno un manuale pedagogico e, nello stesso tempo, una testimonianza di concreta carità cristiana.

Con le tre chiavi di applicazione di questo nuovo metodo (ragione, religione, amorevolezza), Don Bosco intuisce che, oltre alla persuasione e all'affettività di tipo paterno e fraterno, ogni giovane sente un certo richiamo interiore che potrà essere appagato solo dalla religione, cioè dalla conoscenza e dal dialogo con Dio: motore della vita del mondo e di ciascuno.

Questo intervento su tutto l'essere, che soddisfa i bisogni di natura materiale e spirituale, nel pieno rispetto della libertà personale, porterà l'individuo, fin dalla più tenera età, a fare di sé un progetto della divina volontà.

Il sistema educativo di San Giovanni Bosco dimostra il suo infinito amore verso Dio e verso il prossimo.

Egli, infatti, secondo la testimonianza di Don Michele Rua «adottò per le sue case il sistema di educazione preventivo, suggeritogli dall'orrore che aveva al peccato». E le creature più esposte, in quanto più fragili, sono appunto i giovani. I giovani rappresentano per lui il prossimo più da amare: «difficilmente - scrive rivolgendosi a loro - potrete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo e che più desideri la vostra vera felicità!».

I santi convertono, guariscono, provvedono, intercedono per l'umanità sofferente che gravita intorno a loro. Anche San Giovanni Bosco converte, guarisce, provvede, intercede e pure educa. Nel campo dell'educazione, opera veri e propri miracoli, e non ne nasconde il segreto: «La frequente Confessione, la frequente Comunione, la Messa quotidiana - egli svela - sono le colonne che devono reggere l'edificio educativo».

Un concreto esempio lo si trova leggendo un episodio nelle "Memorie Biografiche di Don Bosco" di Eugenio Ceria.

Si tratta della visita di un ministro della regina Vittoria d'Inghilterra, Lord Palmerston, a Valdocco, l'oratorio dell'ormai celebre Santo torinese, che accoglie uno sterminato numero di ragazzi.

Il silenzio e la disciplina meravigliano alquanto il ministro. « - Come è mai possibile ottenere tanto silenzio e tanta disciplina? - domanda. - Ditemelo. E voi - aggiunse al suo segretario - scrivete quanto vi dice.

- Signore, - rispose il Direttore della Casa, - sono arcani soltanto svelati ai cattolici.

- Quali?

- La frequente Confessione e Comunione e la Messa quotidiana ben ascoltata.

- Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi di educazione. Non si può supplire con altri mezzi? - Se non si usano questi elementi di Religione, bisogna ricorrere alle minacce ed al bastone.

- Avete ragione! Avete ragione! O religione o bastone; voglio raccontarlo a Londra».

Il segreto del successo del «sistema preventivo» sta qui, ed è essenzialmente eucaristico. Dove, infatti, si promuove la frequenza ai Sacramenti, non potranno radicarsi disordini.

Don Bosco educatore dunque, ma anche evangelizzatore. In mezzo alla gioventù è un efficace predicatore, un amabile confessore, un infaticabile apostolo per la pratica assidua della Comunione.

Nelle sue istruzioni applicative del «sistema preventivo», sottolinea: «Si tenga lontano come la peste l'opinione di taluno che vorrebbe differire la prima comunione ad un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione pasquale. Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alla santa comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all'età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell'anima benedetta». Così, instancabilmente, prepara folte schiere di ragazzi alla prima Comunione, moltiplica le Comunioni generali, istituisce società e compagnie con l'intento di portar più sovente i membri al banchetto eucaristico.

Teniamo presente ch'è un periodo in cui, verso tale pratica, la gerarchia ecclesiastica procede con cautela nell'incoraggiarla tra i fedeli. Lo stesso Don Bosco, ricordando la sua infanzia, in seguito scriverà: «era cosa assai rara a trovare chi incoraggiasse alla frequenza dei sacramenti».

Nei primi vent'anni di sacerdozio, promuove la pratica della Comunione frequente; e, a partire dal 1874, si schiera apertamente a favore della Comunione quotidiana. Ecco quanto scrive su una pubblicazione di quell'anno: «[ ...] Siccome la manna ogni giorno servì di cibo corporale agli Ebrei in tutto il tempo che vissero nel deserto, finché giunsero nella terra promessa, così la santa Comunione dovrebb'essere il nostro conforto, il cibo quotidiano nei pericoli di questo mondo per guidarci alla vera terra promessa del Paradiso».

Con San Giovanni Bosco, un numero interminabile di giovani si accostano alla mensa eucaristica, accogliendo il pensiero del loro caro amico, maestro e padre: «Credetelo, o miei cari figliuoli, io penso di non dire troppo asserendo che la frequente comunione è una grande colonna sopra cui poggia un polo del mondo».

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