Del motivo principale, che dobbiamo avere, per adempire la volontà divina e conformarci ad essa.
Per fare con maggior perfezione e frutto la volontà divina e conformarsi totalmente ad essa, si deve avvertire grandemente il motivo principale, per il quale dobbiamo adempirla: perché, sebbene sia vero che i titoli e gli obblighi, che a ciò abbiamo, sono molti e tutti molto meritorii, nondimeno uno è il più eccellente, più generoso e più meritorio, che è il dar maggior gusto a Dio. E se si vuole adempire perfettamente la volontà di Dio e piacere in tutto al suo Creatore, non basta eseguire quello che vuole Dio, ma si deve fare nel modo, nel quale vuole e gusta più che lo facciamo. E questa è la maniera che più meritiamo e più piacciamo a lui. poiché uno può adempire la volontà divina, considerando che Dio è suo supremo Signore, a cui deve servire, o suo amoroso Padre, dal cui comandamento deve dipendere, o suo liberalissimo benefattore, al quale deve essere grato, o suo fedelissimo rimuneratore, dal quale spera di essere premiato, o perché questo solo è quello che è bene per noi, che ci è più utile, più onorevole e conforme alla dignità dell'uomo; i quali titoli sono più lodevoli e santi.
Mi chi mancasse all'adempimento del beneplacito divino, farebbe contro tutti questi titoli, metterebbe sossopra tutto queste ragioni, che Dio ha, che noi facciamo il suo gusto, non il nostro; né alcuno di questi titoli è più onorato, nessuna ragione è più stretta e rigorosa, nessun motivo è più desiderato e gradito di questo al Signore, a cui tanto dobbiamo piacere. Onde sebbene uno adempisse in tutte le sue opere la volontà divina per i suddetti motivi, ancorché tanto buoni e santi e dei quali noi dobbiamo ancora approfittarci, non arriverebbe del tutto a soddisfare al desiderio e gusto di Dio, che ha della nostra maggior giustificazione e santità, e che siamo santi e perfetti come è il nostro Padre celeste; perché non arriverebbe ad adempire con somma finezza e liberalità di cuore quella suprema legge di perfezione e quel massimo comandamento che dice: Amerai il tuo Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutti i tuoi sentimenti, con tutte le tue forze (Marc. 12. 30).
E sebbene per adempire i precetti divini non sia necessario tutto questo sforzo e perfezione, né il farli per solo e puro amore, è però convenientissimo, per soddisfare al desiderio che Dio ha della nostra maggior perfezione, alla quale ci consiglia, che adempiamo con amore e per amore la sua volontà, e ciò con amor tenero, forte, leale, fino e vero, per quel supremo titolo di essere Dio chi e, amando tanto stupenda bontà, compiacendoci delle sue infinite perfezioni, rallegrandoci delle sue immense ricchezze, della sua infinita gloria e grandezza. E chi non arriva a questo di adempire la volontà divina disinteressatamente per essere Dio chi é, ancora non arriva ad adempirla totalmente e perfettamente, con tutto il suo potere, come Dio vuole che sia adempita e merita che si adempia; né acquista il merito che potrebbe, né compiace quanto può al suo Creatore, né godrà perfettamente dei tesori grandi, che si ritrovano in questo esercizio, né gusterà quel favo di miele e soavità, che sta nascosta nel non fare il proprio gusto, per far quello di un Dio tanto buono. E però è necessario che innamorati di quell'essere ineffabile, di quella bellezza infinita, di quella bontà immensa, di quella natura piena di infinite ricchezze e perfezioni, adempiamo la sua giustissima volontà.
Questa deve essere la nostra occupazione, questo il nostro officio, questo il nostro gusto, questo il nostro sforzo; in questo si ha da risvegliare il nostro intelletto; di questo si ha da alimentare la nostra volontà; con questo si hanno da rallegrare il nostro corpo e il nostro spirito; in questo si deve occupare la nostra anima; per questo dobbiamo impiegare quanto siamo e possiamo, desiderii, affetti, forze, tutta la sostanza, tutta la vita. Qual impiego migliore dell'anima nostra e di tutto il nostro essere, che in quello che è tutto l'essere? Non so per certo come non ci si dilegua 1'anima, infiammata d'amore verso quella eterna bellezza, bontà, onnipotenza e sapienza infinita. Oh che sorte poter ammirare un essere si grande! Che sarà amarlo, abbracciarlo, deliziarsi con lui, gradirgli in tutto? Non ci dovrebbe capire il cuore nel petto per vera allegrezza, per la fortuna che possiamo far cosa con la quale gli diamo gusto, e per la ventura che possiamo non solo rispettarlo, ma anche amarlo.
Non so come noi, sue piccole creature, possiamo lasciare di pregiarci e gloriarci grandemente di essere sue, e di andar sempre attonite per la sua grandezza e bontà, amando quel nobilissimo essere, che non ebbe origine da nessuno (qual maggior nobiltà di questa?); quell'essere che non essendo stato fatto da nessuno, nessuno lo limitò (e però è infinitamente, buono e perfètto, e tale che nemmeno il pensiero può immaginare cosa maggiore, e tutto quello che di lui si immagina, è molto poco e niente rispetto alla sua grandezza); quell'essere tanto ammirabile, che insieme con essere uno è anche trino, e con somma unità si ritrova in lui trinità (meraviglia delle meraviglie, che per tutta un'eternità dovremo ammirare); quell'essere tanto infinitamente buono, che tutto quello che è il Padre, lo comunicò al figliuolo, e il suo figliuolo tanto buono quanto lui lo diede ai peccatori; quell'essere tanto buono, che non poté stare, neanche un momento, senza comunicarsi tutto, non potendone far di meno la sua stupenda bontà; quell'essere onnipotente, che fece il tutto col volere e lo fece di niente; quell'essere tanto savio, che non può errare nel farci del bene; quell'essere tanto immenso, che non può allontanarsi da noi e viene dovunque noi andiamo, e ode quello che gli domandiamo; quell'essere tanto immutabile, che non può invecchiarsi la sua bellezza, né mancare la sua buona volontà; quell’essere semplicissimo, nel quale, senza disturbo, né impedimento possediamo tutti i beni; quell'essere tanto giusto e misericordioso, che per far misericordia perdonò agli uomini, non perdonò al suo Figliuolo; quell'essere eterno, che non può morire; quell'essere fedelissimo, che, sebbene vien disobbligato da noi, non manca di quello che ci promise; quell'essere tanto nostro amante, che non si stanca di soffrire le nostre scortesie; quell'essere, che dà l'essere ad ogni essere, che solleva i cieli, e per il quale si conservano gli elementi, vivono le piante, sentono gli animali, discorrono gli uomini, intendono gli angeli; quell'essere tanto immenso, che da nulla è impedito, facendo il tutto, governando il tutto, ritrovandosi per tutto; quell'essere tanto buono, che, essendo immensa la sua grandezza, infinita la sua autorità, suprema la sua maestà, é tale la sua degnazione, che, per amor dell'uomo, gli matura di sua mano i frutti dell' albero, preparando il grano nella spiga, disponendo la bevanda nelle fontane, apparecchiando il vestimento nei campi, cucinandogli da sé medesimo la vivanda, tessendogli la tela, con la quale si ricopra, abbassandosi a tanto umili offici per una creatura tanto vile; quell'essere tanto buono, che é ogni bene, da cui prese origine ogni bontà, da cui nacque tutta la bellezza, da cui ebbe principio tutta la sapienza, da cui procedette tutta la giustizia, da cui deriva tutto il potere; che é buono sopra ogni bontà, bello sopra ogni bellezza, potente sopra ogni possanza, giusto sopra ogni giustizia, savio sopra ogni verità, dolce sopra ogni sapore; quell'essere tanto buono, che ebbe tanto buona volontà, sino a morire per far vivere una sua creatura, sino ad umiliarsi, perché un vermicciuolo non fosse superbo, sino a farsi uomo per l'uomo suo nemico, il quale tentò di levargli l'essere Dio, sino a lasciarsi per sostentamento della vita di chi meritava mille morti, sino ad entrare dentro del petto umano lui, che non capisce nei cieli. O buon Dio, e quanta buona volontà avete, e massime verso di me!
E giacché tali sono le vostre determinazioni, che gran cosa che io adempia il vostro giustissimo volere! Adempia io in tutto la vostra volontà tanto buona, e l'adempia perché voi siete tanto buono!
Mi congratulo mille volte con la creatura, per essere tanto buono il loro autore, per la nobiltà della loro origine, per la gloria dell'essere fattura di tanto buona mano. I cieli facciano applauso, perché in essi non capisce il loro Creatore; i pianeti seguitino le loro danze e le stelle accendano maggiori splendori, per essere luce inaccessibile chi le formò: le piante, gli uccelli, gli animali, gli uomini, gli angeli facciano festa, per esser si grande il loro Re, tanto potente il loro Signore, tanto sapiente il loro Capo, tanto buono il loro Padre. Il cielo e la terra si rallegrino per la gloria di tal padrone e della grandezza di tal monarca, la cui volontà adempiono gli uomini in terra, come gli angeli in cielo; e poiché gli angeli l'adempiono amando il loro Signore, per essere Dio chi è, tanto infinitamente buono, santo, grande, perfetto, perché devono meno gli uomini, per i quali, benché nemici, ha fatto di più che non ha fatto per gli angeli, fedeli e domestici della sua casa? E per essere Dio molto buono verso di noi, non dobbiamo tralasciar di adempire la sua volontà; ma dobbiamo farlo con ogni esattezza, per essere lui in sé infinitamente buono e tale, che non ha potuto far di meno di essere tanto buono, quanto è stato verso di noi, che siamo tanto cattivi.
P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J.
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