mercoledì 13 ottobre 2021

GENESI BIBLICA EVOLUZIONE O CREAZIONE? CAINO E’ LA CHIAVE DEL MISTERO

 


Gli anni della vecchiaia  

Il dolore per la scomparsa di Papa Luciani, che aveva dimostrato amicizia e apertura  verso di lui, fu per don Guido un’ulteriore prova dolorosa. La solitudine spirituale gli  diventava sempre più pesante.  

Nell’inverno del 1985, durante le festività dei Santi, a Vìnigo scivolò sul ghiaccio e,  per non cadere, si afferrò ad una palizzata. Lo strattone fu forte e si lussò la spalla destra.  Fu una grossa pena morale e fisica il non poter più usare la mano per scrivere con  disinvoltura.  

Dopo un paio di mesi trascorsi all’ospedale di Cortina, si trasferì a Belluno in una  piccola e modesta mansarda prestatagli dai padri del P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni  Estere) a poca distanza dalla Casa del Clero. La sua vecchia casa di Farra, priva di  impianto di riscaldamento, non era idonea ad ospitare un anziano solo.  

Fu nella cappella della Casa del Clero che ebbi l’occasione di conoscerlo.  

Nel gennaio del 1987, don Guido trovò alloggio nella casa di riposo di Meano, una  frazione di S. Giustina a pochi chilometri da Belluno.  

Don Guido, sebbene già ultraottantenne, manteneva tutta la sua vivacità fisica e  intellettuale. Il Signore gli aveva promesso una mente limpida, buona vista e buon udito  per tutta la vita e così fu. Quegli occhi, che si erano tanto affaticati sui libri, con un paio  di occhiali gli consentirono di leggere fino alla fine. Anche il suo udito rimase perfetto.  

Il suo pensiero era sempre rivolto a come poter ottenere il PLACET della Santa Sede.  Don Calabria aveva predetto tanti anni prima che il messaggio era “urgente” e don Guido  si sentiva responsabile di tanto ritardo. Poiché la via gerarchica fino a quel momento si  era dimostrata impercorribile, andava progettando d’informare direttamente il Cardinale  Ratzinger. Sfiduciato, finì poi per desistere pensando che la S.Sede, senza un parere  favorevole del Vescovo competente, non l’avrebbe nemmeno preso in considerazione.   Accanto all’intima gioia di esser stato fatto partecipe della conoscenza di quelli che  erano stati i misteri della Genesi e del più ampio e profondo valore della Redenzione, don  Guido sperimentava la Passione intima di Gesù. Nella sua vita si ripetevano inimmaginabili  umiliazioni. La sufficienza che molti suoi confratelli non si curavano di nascondere gli  diventava sempre più pesante. Il marchio di una fama di ‘visionario’ era il suo pane  quotidiano.  

Tuttavia don Guido non perse mai la fiducia nella Provvidenza. Continuava a coltivare  una profonda serenità d’animo per la certezza che il Signore avrebbe portato a  compimento il Suo progetto. Appena poteva raccogliersi in preghiera o sui suoi libri  esprimeva gioia dagli occhi. Aveva l’entusiasmo di un giovane, certo che in un modo o in  un altro tutti avrebbero conosciuto la verità ed avrebbero così compreso la grande  Misericordia di Dio.  


Le rivelazioni non andarono perdute con la sua morte  

Un giorno, sentendo che le forze gli andavano calando e che non gli restava ormai  molto tempo da vivere, don Guido mi disse:  

– Desidero lasciare a lei l’eredità materiale dei miei scritti e di quel che rimane della  mia biblioteca di Farra. Metta il manoscritto e tutti i miei quaderni al sicuro perché, se  dovessi mancare, tutte le mie cose verrebbero gettate da chi non ne capisce il valore. –   – Si, ...ma ci sono molti Sacerdoti più vicini a lei di me. –  

– È vero, ma qui sono tutti prevenuti e, fra quelli che hanno accolto queste  rivelazioni, nessuno ha mostrato un interesse autentico. Io desidero che ottengano  l’approvazione del Vescovo di questa Diocesi, perciò non desidero che escano da questa  Chiesa diocesana che il Signore ha scelto per questa rivelazione. – Poi, dopo una breve  pausa, soggiunse:  

– Desidero anche che lei porti avanti il mio lavoro, riordinandolo e togliendovi tutte le ripetizioni. –  

– Ma don Guido, lei sa bene che non sono all’altezza!  

– Dio non cerca le persone più colte o più intelligenti: Dio cerca le persone che sono  sinceramente motivate a fare la Sua volontà. La conosco ormai da tanto tempo,  abbiamo parlato tanto insieme e lei è la persona di cui ho più fiducia. –  

– La ringrazio della sua stima, ma una cosa è parlare di queste cose, un’altra cosa è  riordinare i suoi scritti. Questo presume una certa discrezionalità e per togliere le  ripetizioni, come lei vuole, bisogna fare delle scelte. Lei capisce che questo lavoro richiede  troppa responsabilità. –  

– Lei lavori con serenità e proceda come meglio crede: io le sarò sempre vicino e  l’aiuterò. – 

 Poi, per mettermi in guardia da inevitabili tentazioni di autocompiacimento, dopo  un’altra breve pausa aggiunse:  

– Non creda però che questo compito sia privo di croci. Da un lato c’è la gioia  perché Dio ci ha fatto partecipi dei suoi progetti; dall’altro deve avere fin da ora la  consapevolezza che lei erediterà le mie sofferenze, le incomprensioni degli amici più cari,  le delusioni e perfino le derisioni, le ostilità, o la noncuranza dei Superiori. Sono  umiliazioni pungentissime, ma diventano superabili solo se lei non si aspetta  gratificazioni, salvo quella d’aver fatto il possibile per amore della Verità e per amore di  Dio. Se la sente?–  

– Se è così, allora va bene – risposi.  

Con estrema commozione di entrambi, mi fece inginocchiare ai suoi piedi e,  posandomi le mani sulla testa, formulò una lunghissima preghiera in latino invocando su di  me lo Spirito Santo, preghiera di cui io capii il senso solo a grandi linee. Mi stava dando,  assieme alla sua benedizione, un vero e proprio mandato, come un’investitura, a riordinare  quanto aveva scritto nei suoi appunti e nei suoi Quaderni. Sentii quella preghiera come un  segno di fiducia, ma provai anche in quell’istante tutto il peso dell’enorme responsabilità  che comportava.  

Vedendomi emozionata, don Guido non esitò ad incoraggiarmi con amore paterno e continuò:  

– Quando avrà finito questo lavoro vada dal Vicario generale. È mio amico. Mi ha  aiutato lui a stendere il mio testamento. Ho lasciato alla Curia tutti i miei risparmi e le  disposizioni per la pubblicazione di questo manoscritto. Li ho messi da parte in tanti anni  di economie per questo scopo. E adesso cominci a portar via queste cose e a prenderne  conoscenza. Ci sono in mezzo tante carte da buttar via. Faccia uno spoglio a casa sua.  Qui non c’è lo spazio. E si ricordi che proverà tanta solitudine, perché nessuno che si  accinga a lavorare per il Signore ne è risparmiato. –  


La malattia e la morte  

Verso la fine degli anni ’80 don Guido cominciava a manifestare un progressivo  decadimento fisico. Erano i primi sintomi di un tumore che si sarebbe manifestato  apertamente due anni più tardi.  

Il male apparve improvvisamente e in tutta la sua gravità ai primi di luglio del 1991  quando il chirurgo diagnosticò un tumore intestinale. Fu operato dopo una settimana e di lì  a pochi giorni dovette esser rioperato. I dolori erano molto forti.  

Quando si fu sufficientemente ripreso, fu riportato alla Casa di Riposo di Meano. Poi il  suo declino fu rapido, ma la sua mente rimase vigile fino alla fine.  

Un giorno, mentre giocherellava con una specie di piaga secca sul dorso della mano che  sembrava un grosso neo grigiastro a forma di pisello, mi disse:  

– Vede, questo è un ricordo di quella notte in cui ebbi la visione della creazione  dell’universo. È stata una scintilla uscita dal quadro visivo a lasciarmi quest’ustione.  Non fa male, ed è lì solo per rinnovarmi il ricordo. Il Signore volle lasciarmi un segno  perché, al mattino, non dubitassi pensando che quanto avevo visto fosse frutto della mia  immaginazione. –  

Poco prima di morire, dopo quasi vent’anni, questa piaga guarì del tutto lasciando solo un tenue rossore.  

L’8 ottobre, il giorno dopo il suo 84° compleanno, Maria, la Mamma che lo aveva  condotto nel ‘viaggio più lungo a ritroso nello spazio e nel tempo’, come lui lo  chiamava, lo volle con Sé. Erano le sette di sera. Eravamo presenti il Vicario generale, la  Madre Superiora della Casa di Riposo ed io.  

L’indomani la salma, dal volto sereno e disteso, era composta nella bara. Vestito di  bianco, nei suoi paramenti sacerdotali, aveva l’austerità di un patriarca, un aspetto regale  pur nella semplicità. Gli anziani della Casa di riposo vennero alla spicciolata a dargli  l’ultimo saluto. Tutti erano stati confortati dalle sue buone parole.  

La Santa Messa funebre fu accompagnata da bellissimi canti di voci bianche. La sua  bara, per un disguido dei necrofori che stranamente all’occorrenza erano spariti, fu  portata fuori dalla Chiesa a spalla dai Sacerdoti più giovani, in camice bianco, quasi che il  Signore avesse voluto riservargli quell’onore che molti confratelli non gli avevano  riconosciuto.  

Sul marmo veronese della sua semplice tomba si leggono queste belle e assai appropriate parole:  

“CANTERÒ IN ETERNO LE TUE LODI, O DIO, SIGNORE DELL’ UNIVERSO”.  

Don Guido Bortoluzzi  

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