OTTAVA LETTERA
TU non mi dici nulla di nuovo: non sei l'unico ad essere turbato da pensieri erranti. La nostra mente è estremamente vagante; ma poiché la volontà è padrona di tutte le nostre facoltà, deve richiamarle e portarle a DIO, come loro ultimo fine.
Quando la mente, per mancanza di essere sufficientemente ridotta dal ricordo, al nostro primo impegno nella devozione, ha contratto certe cattive abitudini di vagabondaggio e dissipazione, sono difficili da superare, e comunemente ci attirano, anche contro la nostra volontà, alle cose della terra.
Credo che un rimedio per questo sia confessare i nostri difetti e umiliarci davanti a DIO. Non vi consiglio di usare la molteplicità delle parole nella preghiera; molte parole e lunghi discorsi sono spesso occasioni di vagabondaggio: tieniti in preghiera davanti a DIO, come un mendicante muto o paralitico alla porta di un ricco: che sia tuo compito mantenere la tua mente alla presenza del Signore. Se a volte vaga e si allontana da Lui, non inquietatevi molto per questo; i guai e l'inquietudine servono piuttosto a distrarre la mente, piuttosto che a raccoglierla di nuovo; la volontà deve riportarla in tranquillità; se perseveri in questo modo, DIO avrà pietà di te.
Un modo per ri-raccogliere facilmente la mente nel tempo della preghiera, e conservarla di più in tranquillità, è non lasciarla vagare troppo lontano in altri momenti: dovresti tenerla rigorosamente alla presenza di DIO; ed essendo abituati a pensare spesso a Lui, troverete facile mantenere la mente calma nel tempo della preghiera, o almeno richiamarla dalle sue peregrinazioni.
Vi ho già parlato in generale, nelle mie precedenti lettere, dei vantaggi che possiamo trarre da questa pratica della presenza di DIO: mettiamoci seriamente in gioco e preghiamo gli uni per gli altri.
Lawrence, Brother (Nicholas Herman, c. 1605-1691)
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